Obama non è in grado di sconfiggere l’Isis: lo pensano 7 americani su 10

11 Dic 2015 9:58 - di Bianca Conte

«Scatole di passaporti in bianco» a disposizione dell’Isis che in questo modo regola a suo piacimento l’ingresso di infiltrati pericolosi possibilmente già penetrati all’interno dei confini Usa. Dunque, non documenti falsificati, ma una vera e propria proliferazione di documenti d’identità originali in mano ai miliziani del terrore islamico.

Isis, infiltrati in Usa con documenti “autentici”

Una notizia che lascia sgomenti, rivelata da un apporto dell’Intelligence e riportata da Abc News, che getta ancor di più nella paura un Paese che ha appena subìto l’ultimo attacco terroristico di matrice islamica a San Bernardino per mano dell’ennesimo cane sciolto che ha giurato fedeltà al Califfo Al Baghdadi, armandosi il pugno contro concittadini inermi. Dunque l’America ripiomba nel terrore come mai finora da dopo l’11 settembre. Una paura rinfocolata dalla convinzione – sempre più diffusa – e confermata dagli ultimi sondaggi realizzati a riguardo, che Obama non stia affrontando come dovrebbe il pericolo Isis; cosa per cui almeno 7 americani su 10 ha recentemente dichiarato di ritenere decisamente più adatto il candidato repubblicano Donald Trump.

Il rapporto dell’Intelligence

Dopo aver appreso della possibilità che chissà quanti jihadisti del terrore possano aver già varcato la frontiera americana grazie a passaporti siriani dall’aspetto autentico e stampati con macchine in loro possesso, in grado di “rilasciare” i documenti da un ufficio di Deir ez-Zour, che l’Isis controlla dall’estate, si scopre anche che un altro ufficio passaporti sarebbe stato localizzato a Raqqa, sempre in Siria, che l’Isis ha scelto come propria capitale. «Da quando, 17 mesi fa, Deir ez-Zour e Raqqa sono cadute in mano allo Stato islamico,è possibile che individui dalla Siria con passaporti rilasciati da queste due città, o che avevano il passaporto in bianco, potrebbero essere entrati negli Stati Uniti», rivela il rapporto dell’intelligence. Il documento, inoltre, sostiene che la fonte dell’informazione è stata giudicata con «fiducia moderata», il secondo punteggio più alto dato per il giudizio delle fonti. E proprio giovedì, in una testimonianza davanti al Congresso, il direttore dell’Fbi ha rivelato che gli alti funzionari della Sicurezza sono molto preoccupati. «Si teme che l’Isis abbia la capacità di produrre passaporti fraudolenti, che è un problema in qualsiasi ambiente», ha detto scoprendo il fianco. Passaporti falsi siriani sono già stati scoperti in Europa: in particolare due sono stati usati dagli attentatori degli attacchi di Parigi. L’ipotesi piu’ probabile – scrive allora l’Abc News – è che i due uomini si siano infiltrati nel flusso di profughi siriani in fuga dalla guerra.

La sfiducia in Obama

Dunque, terroristi infiltrati, cani sciolti e cellule dormienti: l’America riscopre il terrore. Di più: a seguito degli attentati di Parigi e San Bernardino, il 19 % degli americani vede la minaccia del terrorismo come il problema maggiore del Paese: il mese scorso era solo il 4%. Una verità matematica, quella decretata dal sondaggio, che in politica si traduce nella fiducia accordata dall’elettorato repubblicano al magnate Trump e alla sua concreta capacità di affrontare il terrorismo: 7 elettori su 10 sostengono che è ben attrezzato per rispondere alla minaccia, mentre 4 su 10 si dicono «molto fiduciosi» che il candidato possa gestire il terrorismo. Di contro, l’opinione pubblica sentenzia senza remore l’assoluta sfiducia nel presidente Obama e nella sua gestione della lotta all’Isis: il 57 % disapprova quanto fatto finora, e 7 americani su 10 sostengono che la lotta contro lo Stato islamico sta andando male. Le percezioni su un possibile attacco dominano anche sull’opinione degli americani per quanto riguarda l’andamento del Paese: solo il 24% sostiene che si sta andando nella giusta direzione: il dato più basso mai registrato in un sondaggio del Nyt/Abc News in due anni. Più della metà degli americani, insomma, il 53%, si dicono insoddisfatti della gestione di Washington mentre un altro 31% si dichiara letteralmente «arrabbiato».

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