Marocchino espulso dall’Italia: voleva «far saltare Roma»

29 Dic 2015 17:18 - di Redazione

Un cittadino marocchino, Adil Bamaarouf, residente a Monselice (Padova), è stato espulso dall’Italia per motivi di prevenzione del terrorismo emesso dal ministro dell’Interno Angelino Alfano. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del Ros. I militi dell’Arma hanno anche eseguito a carico del marocchino una perquisizione, delegata dall’autorità giudiziaria veneziana, con il sequestro di materiale informatico. “Far esplodere la città di Roma”, luogo “da dove deve iniziare l’Islam”, per vendicare il mondo arabo per le iniziative dell’Ue e degli Usa nella lotta all’Isis. Queste, secondo quanto emerso dalle indagini dei Ros, le convinzioni esternate dal marocchino.  Il sindaco di Monselice,Francesco Lunghi, ha così commentato il provvedimento: «Monselice è un paesino piccolo a sud di Padova, non è una banlieue o la periferia di una grande città. Pensare che anche qui abbiamo a che fare con problema del genere è preoccupante. Purtroppo, questo significa che nessuno è al sicuro e bisogno restare con gli occhi aperti ovunque».

Con l’espulsione del marocchino, salgono  a 60 i provvedimenti di prevenzione del terrorsimo attuati nel 2015 a carico di cittadini strenieri legati al mondo dell’islamismo radicale. Nel mese scorso, altri  quattro marocchini che gravitavano nel Bolognese erano stati espulsi con un decreto firmato dal ministro dell’Interno «per motivi di sicurezza dello Stato».Nel corso di perquisizioni era stato trovato in loro possesso materiale di propaganda jihadista, un libretto tecnico operativo per la guerriglia in città, indicazioni per la fabbricazioni di esplosivi e una sorta di manuale scaricato da internet dove si illustra come fare un attentato alla sede della Banca Centrale Europea. La Procura aveva chiesto una misura cautelare, rigettata però a settembre dal Gip. Oggi l’espulsione.

I quattro abitavano nella zona di Casalecchio di Reno e frequentavano un centro di preghiera in via Rigola. Uno era considerato l’informatico del gruppo: diramava online pratiche religiose e proclami ideologici di orientamento jihadista, canti celebrativi di atti di martirio, manuali sulle tecniche di combattimento e per la realizzazione di attentati. Nell’indagine c’era anche un quinto indagato, che nel frattempo risulta già partito per l’Iraq per combattere.

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