Istat, l’Italia crescerà meno del previsto: smentito l’annuncio di Renzi

1 Dic 2015 14:37 - di Redazione

È un’Italia “schizofrenica” quella che l’Istat disegna nella sua analisi sul terzo trimestre del 2015: il Pil aumenta dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,8 nei confronti del terzo trimestre del 2014 ma il dato tendenziale viene rivisto al ribasso al ribasso (-0,1 per cento) rispetto all’obiettivo del + 0,9 previsto dal governo e contenuto nel Def che accompagna la Legge di stabilità per il 2016. Per quanto riguarda l’anno in corso, la crescita acquisita del Pil  è pari al +0,6 per cento.

Per l’Istat il pil crescerà solo dello 0,8 per cento

Stessa altalena sul capitolo consumi finali nazionali, cresciuti secondo l’Istat dello 0,4 per cento, cui fa da contraltare la flessione in identica percentuale degli investimenti fissi lordi rispetto al trimestre precedente. Guardando all’estero, sempre su base congiunturale, le importazioni sono aumentate dello 0,5 per cento ma le esportazioni sono diminuite dello 0,8. Non v’è certezza neppure rispetto alle stime sulla disoccupazione, fino a ieri sventolate dal governo Renzi come il simbolo dell’avvenuta ripresa, ma che ora gli esponenti del Pd sono costretti a spiegare ricorrendo alla propaganda. Il tasso di disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 anni, infatti, è salito ad ottobre al 39,8 per cento, cioè lo 0,3 in più su base mensile, mentre scende di 1,2 punti su base trimestrale. Il numero dei disoccupati si conferma quindi sotto i 3 milioni (precisamente 2 milioni 927 mila), con una diminuzione dello 0,5 per cento su base mensile (-13 mila) ed una, ben più marcata, del 12,3 per cento a livello tendenziale. Ecco che rispetto ad ottobre del 2014 si contano 410 mila persone in cerca di lavoro in meno. Diventa quindi decisivo il quarto ed ultimo trimestre su cui si concentreranno tutte le attenzioni.

Sale la disoccupazione “under 25”. FI: «Non siamo un Paese per giovani»

Sul fronte delle reazioni dei partiti, spicca per onestà politica la dichiarazione di un esponente della maggioranza come Maurizio Sacconi, del Ncd, e presidente della commissione Lavoro al Senato, per il quale la fotografia dell’Istat è «utile a confermare la difficoltà della ripresa dell’occupazione», ragion per cui occorre  – a suo giudizio – rafforzare «i contenuti liberali della legge di stabilità con attenzione alla detassazione delle microimprese e del salario di produttività, andiamo ancora più avanti con i cambiamenti dei rapporti di lavoro». Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la riduzione dell’occupazione “indipendente”, a fronte della crescita di quella dipendente, può essere considerata «un effetto delle scelte compiute per rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato», che «portano alla riduzione delle false partite Iva e delle collaborazioni a progetto». Decisamente negativo è invece il giudizio sintetizzato dal forzista Giovanni Toti in un tweet: «+196mila inattivi in un anno. Disoccupazione giovanile sale al 39,8 per cento. Peggio di noi solo Grecia, Spagna e Croazia. #nonèunpaesepergiovani».

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