Il centrodestra: «Albo delle moschee e obbligo degli imam di parlare italiano»

10 Dic 2015 11:41 - di

Istituzione di un albo delle moschee italiane e di un altro albo per gli imam abilitati a svolgere funzioni di guida del culto islamico. È il cuore delle proposta di legge di Daniela Santanché e di Elio Palmizio il cui iter parlamentare è iniziato in Commissione Affari costituzionali della Camera. La proposta, che avrà come relatrice Elena Centemero (FI) nei prossimi mesi approderà in aula. «Le evidenze investigative e giudiziarie hanno individuato nelle moschee il luogo più frequente di base logistica o di transito, di indottrinamento, di arruolamento di combattenti della Jihad», scrive Santanché nella relazione della proposta. Inoltre per la deputata di FI «gli sbarchi incontrollati hanno portato e portano con loro manipoli di terroristi che chiedono e ottengono lo status di rifugiati e poi esercitano il ruolo di imam». Di qui la proposta di legge, che è firmata anche da altri deputati del centrodestra come i capigruppo di FI e Lega, Renato Brunetta e Massimiliano Fedriga, e ancora Giorgia Meloni e Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia.

L’albo delle moschee

Si prevede l’istituzione di un albo nazionale delle moschee tenuto dal ministero dell’Interno, per iscriversi al quale i centri di culto devono rispondere a requisiti stringenti. Le moschee dovranno presentare i documenti catastali, il piano economico-finanziario per la gestione, l’elenco degli eventuali finanziatori italiani ed esteri, una relazione contenente l’esposizione dei principi religiosi cui si ispira l’attività svolta all’interno della moschea, le materie e i principi di insegnamento nel caso alla moschea sia annessa una madrasa (scuola religiosa), o le generalità dell’imam. Inoltre la proposta prevede, all’articolo 6, che la prefettura «vigila sullo svolgimento delle attività compiute all’interno della moschea».

Gli imam dovranno conoscere l’italiano

Altrettanto stringenti i criteri per essere ammessi all’albo degli imam. L’aspirante imam dovrà conoscere l’italiano, non dovrà avere sentenze di condanna per reati gravi (più di tre anni), dovrà possedere «un sufficiente livello di istruzione, preparazione, competenza ed esperienza coerenti con il profilo da ricoprire», e inoltre gli verrà chiesto di condividere «i principi ispiratori del processo di integrazione delle comunità di immigrati di fede musulmana nella comunità nazionale italiana», sintetizzati nella Carta sottoscritta nel 2005 dalle maggiori associazioni islamiche italiane (e promossa dall’allora ministro Beppe Pisanu). Sul livello di istruzione vigilerà una apposita Commissione con un “carattere interreligioso”, composta da dieci membri nominati per metà dal ministro dell’Interno e per metà dal ministro dell’Istruzione. Se gli imam saranno giudicati “ignoranti” dovranno seguire “appositi corsi” istituiti presso le facoltà di lettere nei principali atenei italiani.

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