Il gip di Palermo sulla libica rilasciata: sostiene al Qaeda? Non è terrorismo…

26 Dic 2015 18:34 - di Redazione

Fermata domenica scorsa a Palermo dalla polizia con l’accusa di intrattenere rapporti con terroristi operanti in Libia, Khadiga Shabbi, di Bengasi, 45 anni, da tre dottoranda alla facoltà di Economia dell’università del capoluogo siciliano, è diventata causa di un’aspra polemica tra la procura di Palermo e l’ufficio del Gip, dopo che il giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito ha deciso – il 23 dicembre – di non convalidare il fermo della donna e rigettare la richiesta di carcerazione, preferendo l’obbligo di dimora. Shabbi «non è accusata di terrorismo o di associazione terroristica, come potrebbe intendersi, ma soltanto di un reato d’opinione: l’avere espresso il suo apprezzamento nei confronti dell’ideologia di gruppi ritenuti terroristici, manifestazione del pensiero che può diventare reato solo se resa pubblica», dicono il presidente dell’ufficio del gip Cesare Vincenti e il suo vice Gioacchino Scaduto, che non hanno gradito le critiche della procura alla scelta del loro ufficio.

I pm “sconvolti” dalla scarcerazione dell’islamista libica

L’ipotesi di reato avanzata dal pm Geri Ferrara, titolare dell’inchiesta coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Leonardo Agueci, è però quella di istigazione a delinquere a commettere reati in materia di terrorismo, aggravata dalla transnazionalità. Vincenti e Scaduto usano un linguaggio molto diretto: «Quelle della Procura – osservano – sono dichiarazioni avventate e inopportune. Anzitutto delegittimano oggettivamente il lavoro e la funzione del giudice per le indagini preliminari, il cui intervento nel procedimento è stato previsto dal legislatore a tutela e garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini, italiani o stranieri che siano». I pm dopo il rilascio della donna avevano dato un giudizio piccato: «Siamo sconvolti, è una misura inadeguata, contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza». Ora i giudici sottolineano che le posizioni della Procura «rischiano di creare nell’opinione pubblica un allarme ingiustificato di cui in questa fase storica non si sente affatto il bisogno. L’adozione di misure cautelari di tipo detentivo, peraltro, lo stesso legislatore con le ultime riforme ha inteso fortemente limitare». E, infine, affermano che «non si può indulgere a semplificazioni, ad emozioni o a precarie suggestioni esterne. Siamo tutti sconvolti dalle tragiche vicende terroristiche di questi ultimi tempi; ma questo non deve farci perdere la capacità di distinguere caso da caso e di valutare con freddezza e oggettività – alla luce dei principi costituzionali e dei parametri di legge – i fatti che vengono sottoposti alla nostra valutazione».

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