Americani e musulmani: la minaccia è interna. Adesso gli USA hanno paura

4 Dic 2015 8:36 - di Redazione
La foto diffusa dalla Casa Bianca nel 2012

La bestia dentro. L’inchiesta sulla strage di San Bernardino sarà lunga e complessa ha detto ieri Obama, e le due piste del terrorismo domestico e dell’odio contro il posto di lavoro resteranno aperte a lungo prima che l’Fbi indichi i motivi del crimine. Ma alcuni elementi già noti della vicenda come le tute nere indossate dalla coppia di stragisti, le telecamere «Go Pro» in testa per la produzione di un video forse destinato alla pubblicazione su Internet, la recente radicalizzazione di Syed Farook, autorizzano a riflettere su quanto il governo e l’opinione pubblica statunitense sanno da tempo: il seme della jihad è ben piantato nella nazione, a dispetto dell’enorme fenomeno di integrazione della comunità islamica nel tessuto sodale americano.

I musulmani d’America sono sette milioni, presentì in ogni stato dell’unione

I sondaggi rivelano che sono un gruppo colto ed istruito (il 59,6% ha la laurea), e a differenza delle maggiori città europee non vivono nei ghetti di periferia e non si sentono esclusi o discriminati nella vita pubblica. I primi gruppi sono arrivati a bordo delle navi che trasportavano gli schiavi, e nelle piantagioni del sud hanno immediatamente subito la censura delle pratiche religiose. È da questa cultura che si è evoluto il movimento dei Mussulmani Neri e poi la Nation of Islam, che negli anni ’60 venne alla ribalta con Malcom X e con il leader Louis Farrakhan. La parte più consistente è invece arrivata nel secolo scorso: rifugiati dalle tante guerre che hanno deva stato il mondo arabo, palestinesi in fuga da Israele, cittadini di paesi alleati ai quali gli Usa ha aperto in modo selettivo uno spiraglio per l’immigrazione. La grande ondata si era già conclusa negli anni ’50 e la quasi totalità degli americani islamici sono oggi di seconda e di terza generazione.

Non più di 2,6 milioni di credenti si riuniscono a pregare nelle moschee.

L’11 di settembre del 2001 – scrive “il Mattino” – ha galvanizzato la parte dei fedeli che all’improvviso si è sentita criminalizzare in base al culto, e parte della risposta è stata l’affermazione visibile della fede islamica tramite l’apertura di nuovi luoghi di culto. Circa la metà delle moschee sarebbero sotto il controllo e il coordinamento del gruppo della Fratellanza Mussulmana, e tra queste, stando ai dati raccolti dalla think tank Oarion Project (fondato da mussulmani americani di chiara fede anti jihadista e finanziata da grandi donatori conservatori americani) ci sarebbero almeno 83 sedi sospette di propagare una cultura anti occidentale e anti democratica.

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