Vatileaks, 5 a giudizio, anche Fittipaldi e Nuzzi: rischiano 8 anni di carcere

21 Nov 2015 14:13 - di Paolo Lami

Con una velocità sconosciuta alla sonnacchiosa giustizia italiana, la magistratura vaticana ha disposto il rinvio a giudizio, in men che non si dica, di cinque persone al termine della fase istruttoria del procedimento in corso condotta dalla Santa Sede sulla sottrazione e la diffusione dei documenti riservati interni, inchiesta che aveva portato all’arresto di monsignor Lucio Vallejo Balda e di Francesca Immacolata Chaouqui, la sedicente esperta calabrese di Relazioni pubbliche.
Ad affrontare il processo che si aprirà martedì 24 novembre nel Tribunale della Città del Vaticano saranno, insieme a monsignor Lucio Vallejo Balda – attualmente detenuto nella cella della Gendarmeria vaticana – e a Francesca Immacolata Chaouqui – arrestata e poi rilasciata all’inizio di novembre per la sua collaborazione alle indagini – entrambi membri della Cosea, la Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa Sede voluta da Papa Francesco, anche l’ex-collaboratore della Cosea, Nicola Maio, e i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi.
Quello di Nicola Maio è l’ultimo nome che si è aggiunto alla rosa dei principali sospettati della clamorosa fuga di notizie che sta scuotendo lo Stato Vaticano e che ha portato alla pubblicazione di due libri, usciti proprio in questi giorni, firmati da Nuzzi e Fittipaldi, volumi che stanno velocemente scalando i vertici delle classifiche dei bestseller.
Il rinvio a giudizio è stato decretato per il reato previsto dall’articolo 116 bis del Codice Penale Vaticano, cioè la divulgazione di notizie e documenti riservati. Nuzzi e Fittipaldi, autori rispettivamente dei libri Via Crucis e “Avarizia“, sono stati coinvolti nel procedimento penale per il concorso nel presunto reato.
A monsignor Vallejo, alla Chaouqui e a Nicola Maio viene contestato anche il reato di associazione per delinquere.
In particolare ai tre si contesta di essersi associati tra loro all’interno della Prefettura per gli affari economici e di Cosea «formando un sodalizio criminale organizzato, dotato di una sua composizione e struttura autonoma, i cui promotori sono da individuarsi in Angel Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, allo scopo di commettere più delitti di divulgazione di notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato. I tre e, inoltre, i giornalisti Emanuele Fittipaldi e Gialungi Nuzzi sono accusati, «in concorso tra loro», di essersi «illegittimamente procurati» e di aver successivamente «rivelato notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato. In particolare, Vallejo Balda, Chaouqui e Maio si procuravano tali notizie e documenti nell’ambito dei loro rispettivi incarichi nella Prefettura per gli affari economici e nella Cosea; mentre Fittipaldi e Nuzzi sollecitavano ed esercitavano pressioni, soprattutto su Vallejo Balda, per ottenere documenti e notizie riservati, che poi in parte hanno utilizzato per la redazione di due libri usciti in Italia nel novembre 2015».
I presunti reati – secondo l’accusa – sarebbero stati «commessi nella Città del Vaticano, dal marzo 2013 al 5 novembre 2015».
Gli imputati nel processo, che si svolgerà nel Tribunale Vaticano, rischiano da quattro a otto anni di reclusione e anche se non si presenteranno saranno comunque giudicati in contumacia.
«Sono incredulo. Non è un processo contro di me, ma contro la libertà d’informazione – reagisce sorpreso Emiliano Fittipaldi autore di “Avarizia” – In tutto il mondo i giornalisti hanno il dovere di pubblicare notizie e segreti che il potere, qualunque esso sia, vuole tenere nascosti all’opinione pubblica. Mostrare documenti confidenziali e informare la gente delle malefatte dei potenti è l’essenza del nostro lavoro».
«Capisco – dice il giornalista dell’Espresso che ha sollevato il velo su una serie di rapporti economici e finanziari della Santa Sede – che in Vaticano siano in grave imbarazzo per quello che ho raccontato, anche perché non hanno potuto smentire nulla di quanto ho denunciato. Però non mi aspettavo che aprissero un processo penale contro me e Nuzzi».
«Forse sono ingenuo – dice Fittipaldi – ma credevo che indagassero su chi ha commesso gli illeciti che ho denunciato, non su chi li ha svelati».
Quanto agli scenari che ora si aprono, Fittipaldi è perplesso: «Che cosa farò adesso? Non lo so. Parlerò stasera con i miei avvocati. Ma è un fatto che in Vaticano la libertà di stampa non sia sufficientemente tutelata. Nel loro ordinamento non esiste nulla di simile all’articolo 21 della nostra Costituzione. Il promotore di giustizia e gli uomini della gendarmeria mi avevano ventilato la possibilità di finire a processo? No. All’interrogatorio di lunedì scorso sono stati rispettosi e cortesi, ma alle domande ho opposto il segreto professionale. Non ce l’ho con loro, ma con una legge che considero illiberale e inaccettabile. Come ci si può difendere – si chiede – in quel tribunale se in Vaticano non esistono garanzie per il giornalismo libero?»
«Spero che finalmente, nella fase del giudizio, sia permesso alla mia assistita di difendersi appieno. Infatti, fino ad oggi le è stata negata la possibilità di scegliersi il suo legale», si rammarica l’avvocato Giulia Bongiorno, legale di fiducia di Francesca Chaouqui.
«Come è noto – spiega l’ex-difensore di AndreottiSollecito – la difesa tecnica in Vaticano è riservata esclusivamente agli avvocati rotali, ma molto spesso viene autorizzata anche quella di altri legali non residenti nello stato della Città del Vaticano. Di recente, proprio a me è stato consentito di assistere una persona sottoposta a procedimento penale presso la Santa Sede».
«Quanto prima – anticipa Giulia Bongiorno – formulerò istanza per essere autorizzata a difendere Chaouqui, e spero davvero di essere autorizzata per consentire all’imputata il miglior esercizio del diritto di difesa, attraverso il suo legale di fiducia, che ero e resto io».
Ma padre Federico Lombardidirettore della sala stampa vaticana, spegne gli entusiasmi della Bongiorno: «gli avvocati devono essere iscritti al Foro vaticano».

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