Il ritorno dei terroristi in Mali? Guarda caso Prodi faceva il mediatore di pace…

21 Nov 2015 13:05 - di Karim Bruno

Riflettori puntati sul Mali. L’assalto jihadista all’hotel Radisson di Bamako, teatro di sequestri, uccisioni e sparatorie nella ennesima follia di terrorismo islamista, segna il fallimento della diplomazia occidentale. Un fallimento, diciamolo chiaramente, che ha anche un nome e un cognome: quello di Romano Prodi. Lungi da noi addossare colpe in eccesso all’ex commissario europeo ed ex premier italiano, spedito nel cuore dell’Africa come inviato speciale dell’Onu di Ban Ki Moon per il Shael. E’ di tutta evidenza, però, che la missione che gli era stata affidata porta il sigillo di un insuccesso clamoroso. Da quando, due anni fa, l’ex presidente maliano Diocounda Traoré (nella foto tratta dal sito romanoprodi.it) annunciò alla nazione di aver chiesto e ottenuto un intervento aereo della Francia (il Mali è una ex colonia francese), contro i ribelli jihadisti che occupavano il nord del Paese, le tensioni e i conflitti tra le diverse etnie si sono moltiplicati. Con Francois Hollande  nei panni di guardiano militare dell’Occidente la guerra nel Mali da allora non si è mai sedata. Si contano almeno cinque movimenti jihadisti. Il Mourabitoun ( sentinelle), di cui fa parte il commando del Radisson, è uno di questi. Fondato dallo sceicco Mokhtar Belmokhtar si è fuso con i miliziani dell’Isis. E’ una ulteriore fase espansiva della strategia del Califfo. Nel Mali, con la caduta di Gheddafi sono confluiti anche i Tuareg del colonnello, portandosi dietro una ingente quantitativo di armi. Fatto sta che dall’unione di queste forze è nato uno Stato terrorista-jihadista, nel 2012, nella zona nord del Mali, l’Azawad, che comprende tre grandi città, Timbuctu, Gao e Kidal. Tra traffico di armi e di droga, collegamenti con i cartelli narcos sudamericani, quella zona del Mali si  è trasformata in quadrante operativo dell’Isis. Nel 2013, per evitare che i jihadisti conquistassero la capitale Bamako, l’Onu ha lanciato l’operazione militare “Serval”, imperniata sul ruolo della aviazione francese e la collaborazione di forze armate del Ciad, del Niger e di altri paesi africani. Una operazione che , secondo Hollande, aveva conseguito uno straordinario successo. Anche se nel nord del Mali i militari francesi (5ooo mila all’inizio della missione, ora ridotti a poco più di 1500) non sono mai riusciti a penetrare. Dopo tre anni di trattative, nelle quali Prodi ha avuto un ruolo importante, a giungo di quest’anno è stato siglato un nuovo “storico accordo” tra il governo centrale, di componente etnica nera e non islamica, e i tuareg insediati nella zona dell’Azawad. L’accordo era basato su una serie di investimenti e concessioni di autonomia a favore dei territori a nord del Mali, compresi sostanziosi finanziamenti provenienti dalla Cina di cui si era occupato Prodi. Fatto sta che quell’accordo si è infranto nel giro di pochi giorni. L’assalto al Radisson ne è la prova. Il fronte del Shael ora minaccia di allargarsi a dismisura. A due passi dalla Libia, dall’Algeria, dalla Tunisia. Proprio di fronte alle nostre coste.

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