Putin: non parlo con Erdogan finché non si scusa. Forse vedrà Obama

27 Nov 2015 15:29 - di Giovanni Trotta

Il consigliere di Vladimir Putin, Iuri Ushakov, non esclude che il presidente russo incontri il capo di Stato americano Barack Obama a Parigi a margine della conferenza Onu sul clima. «Questo incontro – ha detto Ushakov – non viene preparato in maniera specifica, non ci sono state richieste da parte americana, ma non può essere escluso». Intanto sale la tensione tra la Russia e la Turchia: l’aviazione russa prosegue le operazioni in Siria «senza alcuna restrizione», ha dichiarato infatti il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, dicendo di non sapere nulla di un presunto accordo tra Russia e Turchia per sospendere i voli nei pressi del confine turco-siriano in modo da evitare incidenti dopo l’abbattimento di un Su-24 russo da parte di F-16 turchi per un presunto sconfinamento. Lo riporta la Tass. Si è poi appreso che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiamato Putin al telefono «circa 7-8 ore dopo» l’abbattimento di un jet militare russo al confine tra Siria e Turchia, ha detto il portavoce di Putin, precisando che «di questa richiesta Putin è stato informato». Secondo Erdogan, Putin non ha risposto alle sue telefonate. Ankara comunque ha proposto, per le vie diplomatiche, un incontro tra Putin ed Erdogan a margine della Conferenza Onu sul clima a Parigi il 30 novembre e il presidente russo «è stato informato» anche di questa richiesta, ha reso noto Peskov, che però non ha chiarito se l’incontro effettivamente avrà luogo. Putin non ha risposto alle richieste di Erdogan di avere una conversazione telefonica con lui a causa della «mancanza di prontezza da parte turca a porgere le scuse più elementari», ha poi precisato il consigliere di Putin, Iuri Ushakov.

Putin non ha risposto alle telefonate del preidente turco

Intanto Putin ha discusso in queste ore della «accresciuta tensione» in Siria con i membri permanenti del Consiglio di sicurezza russo alla luce dell’abbattimento del Su-24 russo da parte dei turchi. Lo ha dichiarato sempre Peskov definendo le azioni turche «aggressive e imprevedibili». Infine, il portavoce del Cremlino ha frenato sull’appoggio all’Occidente nella lotta all’Isis: la Russia ovviamente sostiene l’idea di una coalizione globale contro l’Isis, ma «sfortunatamente i suoi partner occidentali al momento non sono pronti a lavorare nel formato di una coalizione unificata», ha detto, ribadendo però che Mosca è comunque disponibile «a cooperare in qualunque formato» nella lotta al terrorismo.  Quel che è certo è che Putin non lascerà correre sull’abbattimento dell’aereo: la Russia annuncia la preparazione di dure misure economiche contro la Turchia, rafforza i controlli sulle importazioni di generi alimentari turchi e – con una tempistica che lascia pochi dubbi sulle motivazioni politiche – denuncia che il 15% di questi prodotti non è conforme alle sue norme sanitarie. In Russia, insomma, si pensa a come mettere in pratica le serie conseguenze ventilate da Putin già poche ore dopo l’abbattimento del jet russo. Il premier Medvedev ha annunciato che entro due giorni il governo proporrà delle misure economiche contro Ankara per «l’atto di aggressione». Mosca minaccia di congelare o addirittura far saltare il progetto per il gasdotto Turkish Stream e quello, da 20 miliardi di dollari, per la centrale nucleare di Akkuiu. Le restrizioni potrebbero riguardare anche la cooperazione finanziaria, i dazi doganali, gli investimenti, l’edilizia e l’uso di manodopera turca, con gravi danni economici per Ankara, che rischia così di perdere i vantaggi ottenuti dal non aver aderito alle sanzioni occidentali contro la Russia per la crisi ucraina. All’abbattimento del Su-24 Putin ha risposto schierando nella base di Khmeimim i moderni sistemi di difesa antiaerea S-400. E questi, assieme ai razzi della nave Moskva, che si trova nel Mediterraneo, potrebbero essere un grave ostacolo alle operazioni degli F-16 turchi. A Washington se ne sono ben resi conto, e l’ambasciata americana in Russia ha denunciato che gli S-400 russi in Siria non fanno che complicare la situazione e si è augurata che non siano rivolti contro gli aerei della coalizione a guida Usa, di cui la Turchia fa parte.

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