Netanyahu alla Ue: «Sulle etichettature dei prodotti state boicottando Israele»

11 Nov 2015 16:35 - di Niccolo Silvestri

È scontro aperto tra Unione Europea e Stato di Israele. E scende in campo addirittura il premier Benyamin Netanyahu. Al centro della contesa diplomatica l’approvazione da parte della Commissione della cosiddetta “nota interpretativa” alle linee guida pubblicate ad aprile 2013 per l’etichettatura dei prodotti nei territori occupati da Israele, sollecitata ad aprile da 16 governi Ue, compresa l’Italia. Il problema nasce perché la nota, che sarà pubblicata nelle prossime ore sulla versione elettronica della Gazzetta Ufficiale della Ue ed immediatamente operativa, prevede l’indicazione di provenienza da «insediamenti».

Obbligatorio specificare che i prodotti provengono dai territori occupati

Secondo le regole generali del commercio nell’Ue, l’etichettatura con l’indicazione d’origine è obbligatoria per i prodotti agricoli e per i cosmetici. È però consentito che venga indicato come made in Israel il vino imbottigliato entro i confini del 1967 ed anche se prodotto con uve coltivate nei territori, per il principio secondo il quale prevale la provenienza in cui viene realizzata la maggior parte del valore aggiunto. In base all’accordo di associazione tra Israele e Ue, i prodotti nei territori occupati dal 1967 in Cisgiordania e nel Golan sono esclusi dai benefici doganali.«Non si tratta quindi di nuovi obblighi, ma del chiarimento necessario per uniformare l’applicazione nei 28 paesi Ue» viene sottolineato nella Commissione, ricordando che ad esempio Gran Bretagna, Belgio e Danimarca avevano già anticipato l’obbligo di etichettatura. Il volume del commercio tra Ue ed Israele è nell’ordine di circa 30 miliardi di euro l’anno (17 mld di export europeo verso Israele, 13 mld di import nella direzione opposta). Il valore del commercio con l’Europa di prodotti dei territori occupati rappresenta meno dello 0,5 per cento: 154 milioni di euro nel 2014. L’obbligo di etichettatura, è stato spiegato da fonti della Commissione, ricade sull’intera filiera: dal produttore all’importatore fino al dettagliante. E potrà fondarsi sui documenti doganali di accompagnamento delle merci lasciando ai singoli Paesi la scelta della dizione da adottare, a condizione che venga indicato chiaramente che il prodotto in questione viene da un “insediamento”.

Netanyahu: «Così i palestinesi non tratteranno più con noi»

L’etichettatura obbligatoria è stata già più volte criticata aspramente in Israele, ma a Bruxelles si difende derubricando tutto a fatto tecnico: la Ue riconosce solo i confini del 1967 e che le norme adottate non fanno altro che chiarire che «i consumatori devono avere una esplicita indicazione» sulla provenienza della merce. Durissima la reazione di Tel Aviv, affidata direttamente al capo del governo Netanyahu: «La Ue – dice – deve vergognarsi. Una decisione ipocrita e che rivela un doppio atteggiamento: si applica – ha spiegato – solo ad Israele e non ad 200 conflitti nel mondo». Poco prima una nota ufficiale del ministro degli Esteri aveva condannato la decisione dell’Ue sottolineando che nessuna etichettatura «farà avanzare il processo di pace, al contrario potrebbero rafforzare il rifiuto dei palestinesi a tenere negoziati diretti con Israele».

 

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