Défaillance dei servizi. E per qualcuno i giorni più bui devono ancora arrivare

14 Nov 2015 16:44 - di Giovanni Trotta

I commenti sono concordi: si è trattato di una vera e propria défaillance dei servizi segreti francesi. Lo dicono anche loro: il nostro peggiore incubo si è fatto realtà. Gli attacchi simultanei di Parigi rappresentano “l’incubo” che l‘intelligence francese paventava da mesi. Lo ha detto in queste ore drammatiche Yves Trotignon, ex 007 della Dgse, il servizio antiterrorismo francese, che ha ricordato come in effetti da molto tempo i servizi transalpini sapessero della possibilità di uno o più  attacchi. Il problema era ed è che non è praticamente possibile prevenire o fermare azioni contro locali pubblici in ogni parte della città e a qualsiasi ora. Nessuno lo può fare, ed è questa consapevolezza a essere veramente spaventosa. «Ci sono ormai sempre più persone addestrate e preparate a morire. Che hanno studiato e che hanno un solido background. Tutti questi possono fare parecchi danni», ha detto l’ex 007 aggiungendo che i servizi segreti sono di fatto sopraffatti dagli eventi. E il pericolo maggiore, secondo Trotignon e secondo quasi tutti i commentatori politici, quello dei fondamentalisti che rientrano dalle aree di conflitto, come Siria, Libia e Yemen. Questi ottengono qui in Francia le armi e sono pronti a entrare in azione, dice l’ex 007. Su questo forse l’intelligence avrebbe dovuto lavorare in modo diverso: ossia non rendendo possibile, o comunque difficile, il procurarsi Ak-47, mitragliette e fucili a pompa. Insomma, tutti gli specialisti antiterrorismo prevedevano un attentato “importante” in Francia, e non si è riusciti a impedirlo o almeno a contenerlo tempestivamente.

I servizi avevano un piano, ma non su tutta Parigi

E poi, si chiedono un po’ tutti, perché il blitz al Bataclan non è stato effettuato subito, prima che i sequestratori potessero organizzarsi? Era chiaro che si tratta di persone non disposte a ragionare, quindi ul solo pensare di poter intavolare una trattativa o negoziare era solo una pura perdita di tempo e di vite umane. Cosa che in effetti poi è accaduta. Un blitz nei primi minuti del sequestro avrebbe certo evitato la morte di alcuni di quei giovani che nei minuti successivo sono stati assassinati a freddo dai terroristi islamici. Anche il prefetto Bernard Squarcini, ex capo del controspionaggio francese, ha confermato che l’intelligence francese temeva proprio questo scenario. «Hanno fatto esperienza in altri Paesi per fare quello che hanno fatto in Francia», ha detto. Ancora più preoccupante il giudizio dell’ex giudice, specializzato in fatti di terrorismo, Marc Trévedic, che ha detto di essere convinto «che questi uomini (i fondamentalisti islamici, ndr), hanno i mezzi, i soldi e la determinazione per raggiungere questi obiettivi, fino a oggi impensabili» Queste dichiarazioni le fece il 30 settembre, giornata nella quale il giudice aveva anche profetizzato: «I giorni più bui devono ancora arrivare. La guerra dell’Isis sul nostro territorio non è ancora cominciata». Va anche detto, per onestà, che i servizi francesi presero sul serio le minacce e organizzarono anche un piano: prendendo esempio e insegnamento dalle tragedie del teatro Dubrovka nel 2002 (117 morti), di Beslan del 2004 (331 morti), e anche dai recenti attentati di Mumbai nel 2008, dove lo schema è abbastanza simile a quello di Parigi, con dieci attacchi fondamentalisti simultanei, per un totale di 195 morti. I servizi speciali francesi individuarono così 200 siti a rischio, oltre ai soliti palazzi pubbliche istituzionali, anche grandi ritrovi pubblici e allestirono un piano di emergenza. Ma certo non si possono tenere sotto controllo tutti i locali pubblici di Parigi o di qualsiasi altra città. I servizi quantificarono anche in 571 i jihadisti che andarono a combattere in Siria, che oggi sono altrettante bombe a orologeria di ritorno.

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