Damasco accusa la Turchia: armi ai jihadisti in cambio di petrolio rubato

27 Nov 2015 18:07 - di Paolo Lami

La Turchia fornisce all’Isis «armi e supporto logistico» in cambio di «petrolio rubato» dai jihadisti «dal territorio siriano e da quello iracheno». E’ la gravissima accusa lanciata dal ministro degli Esteri siriano Walid Muallem dopo un incontro a Mosca col suo omologo russo Serghiei Lavrov. Il greggio, a quel punto, «viene mandato nei porti di altri Paesi».
L’affermazione di Muallen, alla quale, per ora, la Turchia non ha reagito è benzina sul fuoco nei rapporti fra la Turchia, porta d’accesso privilegiata da e per la Siria di tutti i foreign fighters e di quanti, magari sotto mentite spoglie, cercano di entrare in Europa e la Russia che si sta ancora riprendendo dallo shock dopo l’aggressione subìta dall’equipaggio del Su24 abbattuto dai turchi al confine con la Siria mentre conduceva operazioni contro gli jihadisti. Velivolo che, secondo le ultime precisazioni del generale Viktor Bondarev, capo di Stato Maggiore dell’aeronautica russa, era a non meno di 5,5 chilometri dal confine turco quando è stato colpito dagli F-16 turchi martedì mattina per una presunta violazione dello spazio aereo di Ankara.
E a confermare un ruolo torbido della Turchia arriva la notizia di queste ore che tre siriani con passaporti falsi sono stati arrestati dalla Polfer ad Ancona proprio mentre stavano per salire sul treno delle 2 e 45 per Milano.
I tre hanno detto di essere sbarcati nel porto di Bari nascosti in un container, e di aver comprato i documenti falsi in Turchia, per mille euro: condannati a un anno, verranno espulsi.
Mosca fa sapere, intanto, di auspicarsi la chiusura del confine turco-siriano che sarà di grande utilità per «eseguire il compito di sradicare il terrorismo in territorio siriano».
E un’apertura imprevista e inattesa ad Assad arriva ora anche dalla Francia. Per sconfiggere l’Isis in Siria, in particolare a Raqqa, ha sostenuto il ministro degli Esteri di Parigi, Laurent Fabius a margine dell’incontro a Mosca con Serghiei Lavrov «non bastano i raid», servono anche «truppe sul terreno: i ribelli dell’Esercito libero, forze sunnite, e perché no, anche le truppe di Damasco», nell’ambito di una transizione politica. Una dichiarazione che, ovviamente, incassa il “compiacimento” del collega siriano Walid Muallem: «Se dicono sul serio non possiamo che esserne felici».
Lavrov dopo l’incontro a Mosca con il suo omologo siriano, Muallem sostiene che Hollande «ha proposto delle misure specifiche per chiudere il confine tra Turchia e Siria» e Mosca «sostiene attivamente questa iniziativa» ed è pronta a metterla in pratica «in collaborazione col governo siriano».
Chi, invece, cerca di tenersi fuori dalla vicenda è il governo italiano. Con la Francia «non si è mai parlato di un’estensione alla Siria della nostra missione» che attualmente prevede «una ricognizione accurata con quattro Tornado» in Iraq si affretta a far sapere il ministro della Difesa, Roberta Pinotti.
La scusa ufficiale è che «l’Italia è già in molte missioni, in molte anche insieme» alla Francia, come in Libano.

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