Centrodestra: sondaggi negativi a Milano e Napoli, mentre a Roma…

20 Nov 2015 8:47 - di Redazione

Nello studio di Palazzo Grazioli arriva anche il plico dei sondaggi di Alessandra Ghisleri: Marchini, da solo, a Roma è in testa con il 25,2 per cento. Così ogni volta che Silvio Berlusconi incontra Giorgia Meloni, com’è accaduto ancora qualche giorno fa, lui le si avvicina timidamente, lei si irrigidisce, e tra i due va in scena un dialogo che suona all’incirca così, sempre uguale da settimane: “Visti i sondaggi, potresti almeno esaminare, in via del tutto ipotetica, la possibile candidatura di questo Marchini?”, chiede il Cavaliere. Al che la signora Meloni, un po’ risentita: “Ma quello è comunista!”. E Berlusconi: “Allora ti candidi tu?”. E lei: “Mo’ vediamo”. E questa ritualità – si legge su “il Foglio” – inizia a sembrare alquanto stramba persino a Matteo Salvini, il terzo socio, lui che di Roma ci capisce poco – e ancor meno gli interessa – ma che pure è circondato da leghisti romani (ci sono, e sono quasi tutti ex di An come Barbara Saltamartini) che tifano per Marchini.

I sondaggi della Ghisleri danno Marchini in vantaggio a Roma

Così, di fronte all’incognito, tutto rimane vago, e i contatti fra i tre soci della nuova destra si attengono con vera passione e ammirevole zelo partecipativo al rito del surplace, a quest’aria di sospensione, di partita domenicale sempre rimandata. Con Marchini, l’imprenditore desiderato da Beriusconi ma respinto da Meloni, che un po’ non li capisce e un po’ li osserva con il rispetto sommesso del profano, di chi dice, tra l’ammirato e il perplesso: “Questi devono saperla lunga, forse in politica usa così”. E insomma Marchini si comporta all’incirca come Cristoforo Colombo quando incontrò gli indiani. “Prima o poi mi diranno cosa vogliono fare”, crede lui.

Nei sondaggi la nuova destra perde a Napoli, a Bologna, a Milano. E a Roma?

Ma come dicono con amara ironia i signorotti romani di Forza Italia, non solo Tajani, ma anche Francesco Giro, sempre più simili a dei san Gerolamo nel deserto, di quelli che si vedono con un sasso in mano per battersi il petto: “Perché fare oggi quello che puoi fare domani piangendo?”. Il vaticinio è che nulla accadrà, e niente si scioglierà prima di febbraio, al limite estremo – dicono – della resistenza umana e politica.

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