Addio Mario Cervi, uno degli ultimi liberali conservatori in Italia

18 Nov 2015 8:51 - di Redazione

Mario Cervi (morto ieri all’età di 94anni) era una sorta di alter ego di Indro Montanelli, non solo per la lunga collaborazione nelle redazioni e nei libri scritti insieme, ma soprattutto nel carattere che ne completava il sodalizio. Ironico, effervescente, pungente Montanelli, trovava un forte sostegno nel riflessivo, acuto, culturalmente solido Cervi. «Garbatissimo, sempre molto gentile e composto», lo ricorda Roberto Gervaso. Se Montanelli amava definirsi come Prezzolini un «anarchico conservatore», Mario Cervi era un “liberale conservatore”, essenza di quella borghesia operosa e concreta che aveva costruito il benessere italiano.

Mario Cervi rappresentava l’essenza di quella borghesia operosa e concreta

Nato a Crema nel 1921, apparteneva a quella generazione di giornalisti che aveva fatto la guerra, in Grecia, come ufficiale di fanteria, finendo poi prigioniero dei tedeschi dopo lo sfascio dell’8 settembre del 1943. La nazione ellenica sarebbe diventata una della sue passioni, sposa una donna greca e alla Grecia avrebbe dedicato uno dei suoi primi libri Storia della guerra di Grecia, seguendo sul campo successivamente, nel 1967, le drammatiche vicende legate al golpe dei colonnelli. Il suo è un giornalismo puntuale, vecchia maniera, costruito sui fatti e non sulle congetture, pronto ad ascoltare, a registrare e solo dopo scrivere.

Inizia al Corriere della Sera nell’immediato dopoguerra come cronista giudiziario.

Il padre pellicciaio conosceva uno stenografo del quotidiano di via Solferino, Umberto Frisoni, al quale parla della passione del figlio per il giornalismo. Mario Missiroli ne intuisce le capacità e ne aiuta la crescita professionale. Racconta processi importanti, il rigore dei suoi articoli gli vale la promozione a inviato speciale quando in un’epoca con poca tv e senza internet il racconto dei fatti del mondo è affidato agli occhi e alla scrittura di chi è testimone diretto. Prima di diventare inviato ricopre un altro ruolo, quello dell’estensore, figura di cui sui è persa memoria nelle reda zioni dei giornali. Doveva trasferire in italiano corretto e sensato le notizie che i cronisti di nera trasmettevano confusamente via telefono al giornale.

Nel 1974, Cervi insieme a Montanelli fonda “Il Giornale”

Nel 1974 Mario Cervi è una delle teste di quel manipolo di giornalisti che, guidato da Indro Montanelli, decide di abbandonare il Corriere per fondare Il Giornale”, ricorda Gennaro Sangiuliano in un lungo articolo su “il Sole 24 ore”. Ne fanno parte Enzo Bettizza, Egisto Corradi, Cesare Zappulli, Egidio Sterpa, giudicano la linea di via Solferino troppo ammiccante verso la sinistra e troppo cedevole rispetto alle pulsionidel Sessantotto. Vogliono un nuovo quotidiano liberai conservatore, sono personalmente coraggiosi perché abbandonano tutti salde posizioni professionali per un avventura che poi si rivelerà vincente. Del Giornale lo stesso Cervi sarà direttore dal 1997 al 2001. Mario Cervi, accanto al giornalismo, lega il suo nome ad un’intensa attività di saggista, oltre trenta libri, quasi tutti di storia, fra cui una lunga “Storia d’Italia”, in tredici volumi, scritta a quattro mani con Indro Montanelli

Mario Cervi aveva formato un lungo sodalizio con Indro Montanelli per la «Storia d’Italia»

Se si può individuare una linea di pensiero e stile giornalistico a cui Cervi appartiene, questa è quella che muove da Prezzolini e attraversa Longanesi, Missiroli, Montanelli, Gervaso, Feltri, dove lo scetticismo, secondo quanto afferma Thomas Mann, è l’essenza del conservatorismo. «Uno dei grandi gentiluomini del giornalismo italiano», ribadisce Roberto Gervaso, «un seme che non si trova più».

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