Vittorio, il padre del grillino Di Battista: sono fascista e non di destra

17 Ott 2015 19:37 - di

Vittorio Di Battista, il padre del deputato grillino Alessandro, è stato intervistato dal Corriere tv alla convention del movimento. Poche battute, ma significative. Il tema giornalistico di queste ore è un po’ il toto-nomi nel caso Grillo e compagni dovessero andare al governo. Il tema non ci appassiona, è più interessante sapere come da un missino doc sia venuto fuori uno dei principali esponenti di questo Movimento 5 Stelle, che, un po’ come l’Uomo Qualunque di Giannini dopo la guerra, sta scompaginando gli equilibri della vecchia politica. Ma forse è proprio per questo che Di Battista è diventato Di Battista. Il padre, che nell’intervista si definisce fascista e non di destra, già questo è molto significativo, possiede la cultura politica di tanti italiani che negli anni di piombo subirono quello che subirono, figuriamoci fare il consigliere comunale del Msi in una città rossa come Civita Castellana e in una provincia altrettanto rossa come quella della Tuscia. Vittorio Di Battista, oltre a ricordare che il fascismo non è di destra ma semmai oltre la destra e la sinistra, distingue tra fascismo regime e fascismo sansepolcrista che, insieme con quello della Repubblica Sociale, era latore di istanze sociali, culturali e popolari a cui molta parte del Msi faceva riferimento. Alessandro deve aver preso dall’esperienza paterna l’amore per la libertà di opinione e di espressione, l’odio per le persecuzioni ingiuste e per il fanatismo politico, il disgusto per i politici che rubano e depredano.

Di Battista padre fu consigliere del Msi negli anni di piombo

Quello che forse gli ha fatto cambiare rotta, ad Alessandro, sono stati quei viaggi e quella permanenza in America Latina, dove persino i preti idealizzano il comunismo. L’avversione per gli Usa, condivisibile naturalmente, è presente in ogni aspetto e in ogni luogo dell’America Latina, dove gli Stati Uniti sono una presenza ingombrante, che influisce su tutti gli aspetti della vita dei meno fortunati latinoamericani. È vero probabilmente quello che diceva Che Guevara, che i centro e sudamericani, dal Messico al Cile, sono tutti della stessa razza meticcia, e che i confini sono imposizione delle potenze occidentali. Però è anche vero che un vero nazionalismo continentale, una vera identità, a parte l’esperienza di Peròn, non c’è mai stata in America Latina, continente in cui la revoluciòn rimane per sempre incompiuta. Ma a parte la storia, e tornando ad Alessandro, la politica sudamericana deve averlo negativamente influenzato, portandolo a scambiare sinistra con giustizia sociale, fanatismo con integrità morale. Desideroso comunque di cambiare in meglio le cose, Di Battista piccolo è entrato in quello che gli sembrava un movimento nuovo, l’unico in grado a suo avviso di cambiare le cose. Si accorgerà che non è così, perché nei 5 stelle è già presente la sindrome latinoamericana, quella dei contadini marxisti boliviani che consegnano il Che all’esercito perché di lui non ne potevano più. Alessandro è giovane, capirà che suo padre aveva ragione: anche se entrambi poi desiderano la stessa cosa. Fa bene Vittorio a esser orgoglioso di lui. E lo vorrebbe ministro dell’Interno. Dal 1930 al 1935 lo fu Araldo di Crollalanza, e anche lui dopo la guerra aderì al Msi…

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