Uteri in affitto, lo scandalo di un mercato che vale 6 miliardi di dollari

15 Ott 2015 12:54 - di Mauro Achille

Si chiama “industria della fertilità”. Cifre alla mano,  vale un giro di affari che supera i 6 miliardi di dollari. In alcuni Paesi è illegale (Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Cina). In altri è legale solo quella definita “altruistica” (Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio), quando la donna senza compenso, ad eccezione delle spese mediche,”surroga” i genitori mettendo a disposizione il proprio utero per procreare. Poi, c’è quella “commerciale” , quando, oltre le spese mediche, c’è tanto di parcella per la “surrogata”. E qui, Stati Uniti, India, Ucraina, Russia, Georgia, non pongono limiti ad una pratica che fa accapponare la pelle. La surrogazione commerciale è ormai diventato un business a livello globale. La California è considerata un hub nazionale per le gravidanze surrogate. A NewDelhi e Kiev il “turismo procreativo” offre assistenza medica di qualità a prezzi stracciati. I costi variano da Paese a Paese. Negli Usa una coppia può arrivare a spendere tra i 100 mila e i 150 mila dollari per avere un figlio con questo sistema, di cui dai 14 mila ai 18 mila vanno alla surrogata. In India, i prezzi sono più bassi, oscillano tra 30 mila e 40 mila dollari; a Kiev, dai 30 mila ai 45 mila, mentre la surrogata può ricevere dai 10 mila ai 15 mila dollari. Incerti sono, invece, i dati delle nascite. Molto Paesi sono restii a diffonderli.

Uteri in affitto, un business che nasconde tante tragedie

Comunque, si tratta di un mercato in crescita, in espansione. Dietro il quale si nascondono spesso tragedie umane, morti, abbandoni, condizioni di vita devastanti. Ha fatto scalpore recentemente negli Usa la morte di una donna dell’Idaho che doveva partorire due gemelli. Si chiamava Brooke, la prima donna americana morta per aver affittato l’utero, a causa di “rare complicanze mediche della gravidanza”. Brooke aveva già offerto la sua pancia per mettere al mondo cinque bambini. Di lei si è saputo perché altre madri “surrogate” hanno pubblicato un appello per raccogliere fondi ed erigere una lapide in sua memoria. Di tante altre, si sa ben poco. E sarà difficile scoprirlo. Ora si spera che la storia di Brooke faccia aprire gli occhi, scuota i mass media, smuova politici e governi. Il Center for Bioethics and Culture Newtwork ha chiesto una audizione al Congresso americano sul business dell’allevamento dei bambini. La presidente Jenifer Lahl al quotidiano Avvenire racconta di storie molto tristi, di cui non si ha notizia perché la maggior parte delle  persone non si rende conto dei rischi che corrono le donne e i bambini. “Il legame tra madre e figlio è fondamentale – sottolinea Lahl – ma qui si rimuove tutto, dimenticando che questo è un grande business in cui i ricchi comprano e i poveri vendono”. Non solo. Ora il business rischia di allargarsi. La pratica dell’utero in affitto, finora riservata alle coppie etero, si sta allargando alle coppie gay. Ci sono pressioni enormi in tal senso. E la politica latita.

 

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