Marino disperato: “Voglio che Renzi mi incontri”. Ma il premier nicchia…

28 Ott 2015 7:34 - di Redazione

È davvero stretto e impervio, il sentiero sul quale il sindaco Ignazio Marino ha scelto di incamminarsi. Lui lo sa. Ma, nonostante le difficoltà, ha ormai deciso: «Andrò fino in fondo». Senza lasciare nulla di intentato. Il che significa sondare assessori e consiglieri per capire su quali numeri può ancora contare, saggiare l’umore delle truppe, verificare le basi di una resistenza a oltranza che vorrebbe dire mettersi per sempre mori dal Pd. Un danno collaterale a questo punto inevitabile. Secondo il sindaco addebitabile per intero a Renzi e a Orfini, che hanno chiuso tutti i canali e ogni possibilità di confronto. Per cui se già oggi, o al più tardi venerdì. Marino dovesse infine risolversi a revocare le dimissioni, la colpa sarà loro e loro soltanto. E pazienza se poi ogni speranza di risarcimento andrà a farsi benedire: «Mi hanno fatto sapere che i contatti potranno riprendere il 2 novembre, dopo l’addio definitivo, ma io come faccio a fidarmi?». Una vigilia densa di colloqui e telefonate. Anche con alcuni parlamentari (tra cui Bersani) ed esponenti del governo (Graziano Delrio, che però nega), per cercare conforto e sponde. «Se decidessi di restare, tu che fa resti?», è la domanda a bruciapelo che diversi assessori si sono sentiti rivolgere in queste ore. Sempre uguale la risposta: «Non posso, non ci sono le condizioni».

Nessun assessore è pronto a seguire Marino nella sua sfida personale a Renzi e al PD

Rifiuti che avrebbero quasi azzerato il pallottoliere di Marino: allo stato, solo tré componenti della giunta gli rimarrebbero fedeli (Cattoi, Caudo ed Estella Marino), gli altri già trafficano con gli scatoloni. Come pure i consiglieri comunali: se lui dovesse tornare indietro, 38 su 48 firmerebbero la mozione di sfiducia, in 30 si dimetterebbero all’istante. Un’opzione, quest’ultima, di gran lunga la preferita del Pd. Ma l’inquilino del Campidoglio è un osso duro, secondo “la Repubblica”. A lui, adesso, interessano due cose sole: parlare con il segretario-premier e andare in aula per spiegare alla città quello che ha fatto, che resta da fare, i motivi della crissi.

Vuole l’onore delle armi, Marino, ed è pronto a prenderselo.

Al punto da vagheggiare una trasferta, domani notte in aeroporto, dove Renzi atterrerà al ritorno dalla missione in America Latina. Attrezzandosi anche per il confronto m assemblea. Ieri il primo cittadino ha incontrato nel suo studio la presidente Valeria Baglio per sapere se avesse già convocato l’aula («No») e che cosa intendesse fare («Rispetto alla richiesta presentata dalle opposizioni ho 20 giorni di tempo»). Quindi, senza preannunciarle nulla, l’ha congedata. Restituendo la sensazione di non aver affatto abbandonato l’idea di chiedere lui personalmente una riunione di consiglio per andare allo show-down. Un’istanza che, se depositata dal sindaco, non potrebbe essere portata troppo per lunghe. E verrebbe soddisfatta entro il week-end. Un’ altra arma m mano al Marino resistente. Il quale, nel frattempo, sembra averci preso gusto a tenere tutti sulla corda. «La mia è una giunta che lavora e che guarda avanti», ha scandito ieri inaugurando un viadotto alla periferia di Roma. «Questa città ha patito corruzione e criminalità, noi abbia mo mostrato discontinuità. Domani apriremo due nuovi cantieri. Roma deve andare avanti». Più un grido di battaglia, che un’abdicazione. L’ennesima sfida al Na2areno e soprattutto a Matteo Orfini, ormai considerato il suo peggior nemico: «Un traditore». Dichiarazioni che alzano la tensione. Renzi è molto irritato, gli era stato assicurato che al rientro in Italia il “caso Roma” sarebbe stato risolto. E invece…

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