Marino non conosce vergogna: sono il migliore. E i dem preparano il piano B

24 Ott 2015 15:40 - di Romana Fabiani

«Sto facendo quello che dice la legge». Ancora una volta Ignazio Marino, sorrisetto di ordinanza, sguardo liquido, gioca a spiazzare tra l’incredulità dei romani, che continuano a chiedersi “ma ci fa o c’è?”.  È sempre più insistente la voce che il sindaco dimissionario non voglia più togliere il disturbo, malgrado l’imbarazzante e fallimentare esperienza alla guida della Capitale.

Marino fa l’efficientista

Con scarso senso del ridicolo Marino, dopo il blitz delle nomine del Cda dell’Auditorium, ha convocato i giornalisti per gloriarsi della sua efficienza esemplare. «Questo è quello che fa una amministrazione efficiente in un mese. È un risultato straordinario», dice l’ex primo cittadino illustrando alla stampa i lavori di riqualificazione di via Marsala, nei pressi della stazione Termini, finiti in anticipo rispetto alla tabella di marcia. Meglio ridere per non piangere. A meno di due mesi dal Giubileo, che si aprirà l’8 dicembreRoma è un cantiere aperto, solo per la manutenzione ordinaria (buche, fermate autobus, qualche tinteggiatura) perché la Città Eterna ha rinunciato fin da subito a realizzare un restyling degno di una grande capitale europea. Per non dire della sicurezza, del decoro, della criminalità, del traffico, della qualità della vita dei cittadini, dal centro storico alle periferie degradate.

Il “piano b” del Pd

Nessuno ne può più, a cominciare dal partito del sindaco che per mesi e mesi si è turato il naso allineandosi agli ordini di Renzi di evitare come la peste il voto anticipato. Ma ora il re è nudo e il Pd romano, in caso di ritiro delle dimissioni da parte di Marino, ha già nel cassetto un “piano B”, come riporta il Messaggero. Si tratta di  una lettera, che alla bisogna dovrebbe essere firmata da tutti i 19 consiglieri comunali dem, in cui vengono spiegati tutti i motivi per cui il principale partito del centrosinistra «non può più appoggiare il sindaco Marino» e ritiene quindi «chiusa la consiliatura». Nel documento, che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe essere reso noto solo nel caso la situazione precipitasse, è scritto nero su bianco che la sfiducia a Marino non nasce dalle vicende di Mafia Capitale e neppure dallo scontrini-gate, «a meno che la Procura non dovesse decidere di procedere nell’inchiesta per il reato di peculato». Il Pd capitolino, proprio come fa l’opposizione da due anni,  rimprovera all’inquilino del Campidoglio «troppi errori nella gestione della città» e quindi «capacità di governo non adeguate a un compito così difficile».

L’imbarazzo su Orfini

«Non ho nessun commento da fare», così Marino ha risposto a chi gli chiedeva da quanto tempo non sentisse il commissario del Pd romano Matteo Orfini. No comment anche alla domanda se considerasse Orfini il suo referente politico. «Con i se e con i ma non si fa la storia. Allo stato attuale non mi sembra che il sindaco abbia ritirato le dimissioni, non è all’ordine del giorno. Nel caso in cui dovesse decidere di farlo ognuno prenderà la decisione più opportuna». Parole come sassi quelle dell’assessore ai Lavori Pubblici, Maurizio Pucci, a chi gli domanda che cosa avrebbe fatto se il sindaco Ignazio Marino ritirasse le sue dimissioni.

 

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