Lugini, il medico morto nel 1947 dopo gli scontri al comizio di Almirante

10 Ott 2015 9:07 - di Antonio Pannullo

Pasquale Lugini, medico e politico, è stata una figura di grande spicco nell’Italia fascista, uno di quegli uomini di cui l’Italia dovrebbe essere fiera. Fece sempre del bene per le popolazioni che amministrava, e soprattutto per le fasce più deboli della società. Il medico-gerarca lo hanno chiamato, ma a Rieti e provincia ha lasciato un ottimo ricordo di sé. E anche a Montesilvano, dove fece edificare la ancora esistente struttura chiamata Stella Matutina, detta Stella Maris, dove andavano i bambini della Sabina. Oggi, come molte cose realizzate dal fascismo, quell’opera d’arte è in disuso, anche se sembra che la si voglia recuperare. Realizzata dall’architetto Francesco Leoni, si caratterizza per una pianta a forma di aereo atterrato sulla spiaggia, con la fusoliera che ospitava servizi e refettori, e con le ali – sollevate dal terreno attraverso i porticati – che ospitavano i dormitori. Lugini era nato a Flamignano, nel Cicolano, nel 1896, figlio di Domenico Lugini, medico e storico. Mentre era all’università si arruolò per partecipare alla Grande Guerra. Nel 1920 aderì al circolo culturale Fondaco di baldanza, che aveva come punto di riferimento Gabriele D’Annunzio, che apostrofò Lugini definendolo «apostolo infaticabile e taciturno». All’associazione culturale aderirono personaggi come Enrico Fermi, Anton Giulio Bragaglia, Vittorio De Sica, Enrico Del Debbio e altri. Lavorò come vignettista al Travaso delle Idee di Filiberto Scarpelli. Nel 1934 venne nominato federale del Partito nazionale fascista di Rieti, carica che mantenne sino al 1939. A Rieti progettò numerose opere pubbliche come la colonia elioterapica di Rieti e la già citata Stella Maris. Sempre nel 1939 entrò a far parte della Camera dei fasci e delle corporazioni e contemporaneamente, come ispettore del Pnf, fu inviato in Albania per organizzare il locale partito fascista. Diventò anche vice presidente della Croce Rossa albanese.

Lugini aderì alla Rsi e fu uno degli ultimi a vedere il duce

Si trasferì in Albania con tutta la sua famiglia e si dedicò a sollevare la parte più povera della popolazione albanese dalla fame e dagli stenti. Teatro della sua meritoria opera furono Tirana, Cettigne e Budua, dove fu grandissimo il suo impegno per i feriti di guerra. Per tutto questo meritò la medaglia di bronzo al valor militare. Dopo l’armistizio di Cassibile e il “tutti a casa” di badogliana memoria, Lugini e la famiglia tornarono in Italia, per sfuggire alle rappresaglie anti italiane dei feroci partigiani titini. Subito dopo, coerentemente con le sue idee, Lugini aderì alla Repubblica Sociale Italiana, dove ricevette l’incarico di presidente nazionale dell’Enpas. Tra l’altro, Lugini fu una delle ultime persone a vedere Benito Mussolini a Como prima della sua partenza per Dongo. Alla fine della guerra fu arrestato dai “liberatori” perla sua scelta nella Rsi. Poiché non si era macchiato di alcun crimine, venne rilasciato. La sua morte è un “giallo”: partecipò al famoso comizio di Giorgio Almirante, anche lui tornato dalla Repubblica, in piazza Colonna a Roma. La celere, come sempre, caricò brutalmente il comizio missino insieme con attivisti del Pci. In seguito ai violenti tafferugli Lugini si sentì male, ebbe un infarto e morì. Aveva appena 51 anni. Il giallo riguarda il fatto se si trovasse in piazza Colonna per caso e se vi avesse volontariamente partecipato. Quest’ultima ipotesi è più attendibile, perché nel 1946 aveva avuto contatti con Almirante e Romualdi che lo volevano nel nuovo partito che stava per nascere, il Msi, ma alla cui fondazione Lugini non partecipò, per motivi che non conosciamo. Nel 2011 il comune di Rieti ha pubblicato il libro di Andrea Di Nicola intitolato Pasquale Lugini, un medico gerarca, con prefazione di Giuseppe Parlato. Il volume fu presentato dal consigliere regionale, nonché votatissimo sindaco di Rieti per due legislature, Antonio Cicchetti.

Commenti

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  • giulio 22 Aprile 2020

    Pasquale Lugini è stato un ottimo funzionario dello Stato al quale non sono certamente da addebitare le nefandezze del regime fascista.
    Stando ai vertici della PIA operò sempre per innovare i servizi pubblici senza trarne vantaggi personali.
    La sua morte più che un fatto misterioso è da addebitarsi alla eccessiva brutalità che caratterizzava l’azione dei movimenti politici nel primo dopoguerra