Il dopo-Berlusconi: la destra deve recuperare il suo ruolo e ripartire

2 Ott 2015 15:02 - di Carlo Ciccioli

In questa fase è dirimente segnare uno spartiacque politico per il centrodestra tra i ventuno anni della egemonia politica di Silvio Berlusconi e il futuro. Non contro Berlusconi, ma a prescindere da Berlusconi, bisogna tirare un’asticella. Infatti tutta la strategia politica di questi anni è stata incentrata sul tentativo politico di una certa continuità tra le politiche della Prima Repubblica e il coinvolgimento di una parte moderata della sinistra, che appariva nelle fasi vincenti del centrodestra, più collaborativa. In particolare una costante delle decisioni che sono passate da Gianni Letta a Denis Verdini, per citare due baricentri, si sono basate sul coinvolgimento dell’opposizione, esattamente il contrario di ciò che ha sempre fatto la sinistra al governo, che ha puntato su tutte le esclusioni possibili del centrodestra dalle decisioni e dalle nomine, se non indispensabili istituzionalmente.

La strategia per il dopo-Berlusconi

 

Quindi, prima cosa, colpo di spugna sulla pratica delle mediazioni: anche dal punto di vista mediatico il messaggio deve essere intransigente e non lasciar spazio a dubbi come fece a suo tempo Sarkozy. La parola d’ordine deve essere discontinuità, frattura, rottura: per recuperare eventuali condivisioni c’è tempo, dopo che si ha in mano il “pallino”.

La destra proprio sull’intransigenza delle tesi deve recuperare un ruolo; al contrario della Lega, ne ha i contenuti ed la cultura. Inoltre, purtroppo, c’è da liquidare la continuità con le macerie berlusconiane degli impresentabili e dei coinvolgimenti giudiziari, sui quali c’è stato pur l’accanimento dei magistrati, ma c’è anche sostanza (vedi Galan, Scajola, Milanese, Cosentino, Matacena, De Gregorio ecc..) . Questo non significa che dobbiamo rompere con l’area che si è riconosciuta e si riconosce in Forza Italia, ma il suo metodo di aggregazione non può passare. Berlusconi ha riproposto anche sabato scorso ad Atreju l’idea che la classe dirigente vada scelta prendendo qua e là dalla società civile. E questo è stato l’errore capitale: la classe dirigente va formata nel tempo, esaminando capacità politica, capacità di tenuta nelle difficoltà, onestà e fedeltà. Se si guarda indietro molti di coloro che si son comportati male vengono proprio dalla società civile, di più addirittura che dalla politica, dove ovviamente bisogna guardarsi dagli opportunisti e dagli arrivisti rampanti. Osservando i nomi delle inchieste giudiziarie le nomenclature delle burocrazie, degli imprenditori e dei professionisti prevalgono di gran lunga sui politici, che però sono centrali nelle operazioni di malaffare, dai Comuni alle Regioni, dagli Enti allo Stato. Di fatto oggi la destra deve lanciare un progetto che si deve dispiegare nei tempi brevi, ma soprattutto medi, perché inesorabilmente intercetterà la crisi del renzismo e delle sue alleanze, ma anche delle sue criticità e quindi deve avere pronto un piano, il personale politico, il progetto e le alleanze con le aree economiche e le fasce sociali con cui vincere le elezioni e poi non solo sostituirsi alla sinistra, ma cambiare leggi e comportamenti della società. In fondo è sulla capacità di Governo e non sulle elezioni, che ha spesso vinto, che il centrodestra ha fallito.

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