40 anni senza giustizia per Zicchieri. Ma c’è ancora una pista da seguire

29 Ott 2015 16:18 - di Viola Longo

Non aveva ancora compiuto 17 anni Mario “Cremino” Zicchieri quando fu ucciso in un agguato davanti alla sezione del Msi del quartiere Prenestino a Roma. Era il 29 ottobre 1975. Quest’anno sono 40 anni senza giustizia: nessuno è mai stato condannato per il suo omicidio, nonostante nel corso del tempo indagini e rivelazioni abbiano puntato direttamente ai vertici delle Br romane, che allora erano ancora Lapp, Lotta armata per il potere proletario.

Un agguato per «incutere timore ai militanti di destra»

Per l’omicidio finirono a processo i brigatisti Valerio Morucci, Bruno Seghetti e Germano Maccari, ma furono assolti in appello. Non ci sono dubbi, però, sul fatto che in quell’ambiente si dovesse continuare a indagare: come riportato anche sul sito dell’Associazione italiana vittime del terrorismo, alcuni brigatisti fecero esplicita ammissione del fatto che l’agguato contro la sede del Msi del Prenestino, in cui rimase anche ferito un altro ragazzo del Fronte della Gioventù, doveva servire a «incutere terrore ai militanti di destra».

Le ammissioni del Br Savasta

Una ricostruzione storica confermata poi dal brigatista Antonio Savasta, nel libro del 2011 Colpo al cuore del giornalista e scrittore Nicola Rao. In quella conversazione, tirando in ballo anche Seghetti, Maccari e Morucci, Savasta ricorda come «il 29 ottobre 1975 si decise di alzare il tiro». «Compresi subito che era stato proprio il Lapp a dare l’assalto al Prenestino, e i capi del Lapp erano loro due, insieme con Valerio Morucci che avrei conosciuto tempo tempo», prosegue Savasta, precisando che non era presente all’azione, ma anche che nei «giorni successivi Brunetto mi disse solo che era una cosa nostra, del Lapp, senza dirmi chi aveva partecipato».

Ma nessun magistrato ha indagato

«Tempo dopo provai a farmi un quadro più chiaro», spiega ancora Savasta, aggiungendo che «da quel che ho capito, davanti alla sezione missina, quel pomeriggio arrivarono in tre su una 128. Uno restò al volante, armato di pistola, il secondo era di copertura con un’arma lunga e l’altro sparò ai due fascisti con un fucile a pompa». «Da quel che si diceva, ma non l’ho mai verificato – chiarisce quindi l’ex Br – uno dei tre era un compagno che poi sarebbe morto in un incidente d’auto». Quanto detto da Savasta è stato ricordato dallo stesso Rao in un lungo post sui quarant’anni dall’omicidio Zicchieri, pubblicato sul suo profilo facebook. «Credo sia importante. Peccato – ha quindi commentato il giornalista – che nessun magistrato se ne sia interessato».

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