Roma, a proposito dei 41 dipendenti Ama licenziati perché raccomandati

25 Set 2015 12:27 - di Mario Aldo Stilton

Nell’Italia che non cambia mai accade che a Roma il Cda dell’Ama, l’azienda che si occupa dei rifiuti, licenzi 41 dipendenti assunti durante la cosiddetta Parentopoli. Noi non conosciamo nessuno di questi signori che come colpa capitale hanno evidentemente avuto quella di essere stati segnalati. E neppure conosciamo i membri del Cda dell’Ama di oggi nè quelli di allora. Ma di una cosa siamo certi: è assai più vergognoso averli licenziati che averli assunti. Perché, se la loro colpa, unica ed esclusiva a quel che appare, è stata quella di essere stati inquadrati per chiamata diretta, ovvero senza bando o concorso, grazie alle conoscenze che avevano, allora costoro sarebbero le prime – e fino ad ora uniche vittime – di un modo di operare, di un metodo, di un sistema talmente generalizzato che, come migliaia di inchieste giornalistiche hanno dimostrato (Es. la campagna dell’Espresso del 1955: ” Capitale corrotta, Nazione infetta“), appare addirittura costitutivo della nostra allegra Repubblica. È perciò che stride questa decisione. È per questo che puzza di ipocrisia schifosa. Anche e soprattutto perché esercitata sulla pelle di povera gente.  Perché mica è un posto così ambito lavorare all’Ama, fare il netturbino nella Capitale. E perché, guarda il caso, nell’Italia della raccomandazione, della segnalazione, della spintarella ad ogni e più elevato livello non si possono  gettare in pasto all’opinione pubblica le vite di 41 sventurati per poi lasciare tutto il resto così com’è. Perché, ad esempio, il gruppo dirigente di una azienda pubblica, il management come si dice oggi, non è che emerge da una trafila serrata di concorsi, bandi, esami, pubblicazioni. Nossignori: chi dirige una azienda pubblica come l’Ama è segnalato, nominato, designato dal potere politico che in quel momento guida l’amministrazione. Ed è insopportabile perciò, peggio di un pugno nello stomaco, sapere che i nominati al vertice di una azienda pubblica, per la quale il contribuente paga fior di tasse, si arroghino il diritto di licenziare dei loro dipendenti solo perché assunti a chiamata diretta dai loro predecessori. È il trionfo dell’ipocrisia. Che sfocia nel disgusto. E che fa vomitare.

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