Riforme, un passo avanti e due indietro: il Ncd non vuole più l’Italicum

23 Set 2015 14:08 - di Niccolo Silvestri

E alla fine il “lodo Tatarella” mette tutti d’accordo e ora nel Pd è gara a spargere miele quando solo ieri i toni erano praticamente da rissa. Il ddl Boschi sulle riforme costituzionali può proseguire dopo l’intesa in base alla quale – come si legge nell’emendamento all’art. 2 presentato dalla relatrice Anna Finocchiaro –  i senatori saranno decisi «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge».

Riforme, nel Pd finisce a “tarallucci e vino”

Una formula vaga (non si fa riferimento ad alcun “listino”) che consente tuttavia a ciascuna parte di poter cantare vittoria sul controverso tema dell’elettività del Senato. Basta infatti sentire Bersani per rendersene conto: «Gli elettori – ha detto l’ex-leader del Pd – scelgono i senatori: questo è il principio costituzionale, i dettagli li si vedranno come giusto nella legge elettorale». E’ un bel successo del Pd – aggiunge – e spero che in questo clima nuovo tutti assieme e senza più strappi si possa lavorare ancora per perfezionare la riforma”. A scendere un po’ più nel dettaglio provvede Vannino Chiti, anch’egli della minoranza interna: « È stata raggiunta una mediazione degna. I senatori saranno sindaci e consiglieri regionali, ma saranno i cittadini a sceglierli». Sono 1173 gli emendamenti presentati al Senato al ddl Boschi. Lo rende noto il gruppo parlamentare.

Ma già si profila per Renzi una nuova grana sulla legge elettorale

Il trionfalismo del Pd rischia però di rivelarsi effimero. Non solo per l’opposizione – Forza Italia ha presentato 1173 emendamenti mentre l’ostruzionismo della Lega si è fatto annunciare da 82 milioni di emendamenti a firma Calderoli, roba da Guinness dei primati – ma soprattutto perché, a nome del Ncd, Gaetano Quagliariello ha riacceso lo scontro sulla legge elettorale, il cosiddetto Italicum, chiedendone la modifica, dal momento che – ha spiegato – «il combinato disposto tra Italicum e riforma del Senato introdurrà nel nostro Paese un nuovo sistema politico, e con la stessa chiarezza con la quale noi sosteniamo le riforme non possiamo non porci il problema del volto che avrà l’Italia un minuto dopo e di quali culture politiche avranno in Italia diritto di cittadinanza».  Insomma, per un fronte che si chiude – l’elettività del Senato – se ne apre subito un altro, quello della legge elettorale. Ma contrariamente a quanto sostenuto dal capogruppo forzista al Senato, Paolo Romani («dopo l’accordo nel Pd, il soccorso di Verdini al governo non serve più»), non c’è dubbio alcuno che, alla bisogna, Renzi non esiterà un minuto ad aprire il “forno” di riserva.

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