Il patriarca siriano bastona i buonisti: “Vogliamo la pace, non discorsi sull’accoglienza”

9 Set 2015 6:00 - di Redazione

Nella ridda di dichiarazioni, commenti, analisi sulla emergenza migratoria (analisi che spesso hanno il difetto non secondario di non distinguere tra migrante e profugo, concetto invece ben chiaro alla cancelliera tedesca Angela Merkel), fanno rumore le parole di un presule siriano, il patriarca cattolico greco-melkita, Gregorio III Laham. Lontano dalla retorica, il patriarca ha consegnato al portale AsiaNews (del Pontificio Istituto Missioni Estere) una analisi lucida della reale portata del problema, prospettando anche quale sia – a suo giudizio – l’unico modo per evitare che tragedie come quella del “bambino curdo siriano morto sulle spiagge della città turca di Bodrum” si ripetano in futuro.

Troppa retorica sui migranti e nessun impegno per la pace

L’obiettivo – si legge su “Il Foglio” – deve essere quello di “fare la pace, garantire la salvezza e il futuro del medio oriente”, così da poter dire “mai più la guerra”. Il problema è che la guerra c’è già, nel vicino e medio oriente dilaniato da lotte intestine con interessi stranieri nient’affatto irrilevanti. “Ai governi occidentali dico che il punto centrale non è accogliere e ospitare i profughi, ma fermare il conflitto alle radici. Tutti devono essere coinvolti, dall’occidente alle nazioni arabe, dalla Russia agli Stati Uniti. Questo è ciò che aspettiamo, la pace. Non parole sui migranti e discorsi sull’accoglienza”.

 Obiettivo del patriarca siriano è fermare lo “tsunami migratorio”

Il patriarca Gregorio III Laham ha scritto una lettera ai giovani cristiani siriani, iracheni e libanesi chiedendo loro di “fermare lo tsunami” migratorio, che comporterà lo svuotamento progressivo ma ineluttabile del paese della presenza cristiana. Riporta AsiaNews che dal 2011 a oggi almeno 450.000 cristiani siriani se ne sono andati. 450.000 su 1,7 milioni. In Iraq i cristiani sono meno di 300.000, dal milione che erano un decennio fa. Fermare l’esodo è impossibile, anche perché “i terroristi” puntano a distruggere la società civile dal basso: “Solo qui in Siria sono state distrutte almeno 20.000 scuole. E senza istruzione, questi bambini la cui infanzia è stata negata saranno i futuri terroristi, i nuovi membri del Daesh”. Quel che bisogna fare è “continuare a essere presenti nella regione, anche se il cristianesimo è un bersaglio, per proseguire l’opera di dialogo con i musulmani. Senza i cristiani ci sarebbe un vero e proprio shock di civiltà”.

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