Nel Pd la moda del “terzo sesso” vale più della difesa del “quarto stato”

3 Set 2015 18:39 - di Giacomo Fabi

Bologna “brucia” Roma e mentre il Pd della Capitale cavilla nel tentativo di trovare una definizione giuridicamente poco contundente per Vaticano e Ncd alle unioni omosessuali, l’amministrazione felsinea, ha già messo a disposizione dei “genitori dello stesso sesso” (categoria introvabile in natura ma molto gettonata nei palazzi della politica e dell’informazione politicamente corretta) moduli grazie ai quali potranno autocertificare la loro situazione di famiglia e così gestire alcuni aspetti della vita scolastica dei figli, come firmare le autorizzazioni per le gite, ritirare i bambini a scuola o parlare coi maestri.

A Bologna i primi moduli per “genitori dello stesso sesso”

L’annuncio di cotanta conquista di marca inconfutabilmente progressista è caduto – manco a dirlo – nel corso di un dibattito alla festa dell’Unità. La conferma è poi arrivata direttamente dal sindaco di Bologna, Virginio Merola. In pratica, una volta firmato il nuovo modulo e inviato alla scuola, sarà riconosciuto come “genitore” per le pratiche in questione anche colui (o colei) che non è finora equiparato dalla legge a quello biologico. Il fatto che non vi sia ancora una legge che autorizzi a tanto è un dettaglio che non sembra preoccupare particolarmente gli amministratori bolognesi. Del resto, a sinistra la violazione della legalità è un concetto che vale solo in conto e a carico degli avversari politici. Anche Ignazio Marino, sindaco dimezzato di Roma, istituì il registro delle unioni civili nonostante fosse stato espressamente vietato da una circolare del Viminale.

La nuova identità del Pd passa per il riconoscimento delle unioni gay

Ma tant’è: intorno a Renzi si agitano ormai tanti ambienti e il congresso del Pd, previsto per il prossimo anno, stuzzica antichi appetiti e stimola legittime ambizioni. E per un Enrico Rossi, presidente  della regione Toscana, che non fa mistero di voler correre per la cadrega di segretario lasciando all’attuale premier “solo” quella di Palazzo Chigi brandendo la bandiera di una sinistra più classista, ci sarà sicuramente qualcun altro (forse lo stesso Merola o proprio Marino) che immagina di fare lo stesso percorso cavalcando però i temi dei cosiddetti diritti individuali, tra cui – appunto – quello delle unioni gay. E non è escluso che quest’ultima scelta potrebbe rivelarsi più azzeccata. Del resto, a sinistra, l’unico Quarto Stato che ricordano è quello effigiato da Pellizza da Volpedo, giusto per appenderlo alle pareti in memoria delle battaglie del passato. Quello che conta ora – e Bologna lo dimostra – è solo il terzo sesso.

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