Marò, sospetti sui militari cingalesi: quei proiettili utilizzati dallo Sri Lanka

15 Set 2015 14:14 - di Paolo Lami

Nuovi elementi sui proiettili che hanno ucciso i pescatori indiani per la cui morte sono accusati i due marò italiani: dopo le notizie dell’incompatibilità, che sarebbe emersa nel corso dell’autopsia che il dottor Sasika effettuò sui corpi dei due pescatori morti il 15 febbraio del 2012, con le armi in dotazione ai marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, spunta ora una pista cingalese.
Secondo quanto riporta oggi il quotidiano Il Mattino – in base ai documenti presentati dall’India al Tribunale di Amburgo – l’ogiva recuperata intatta in sede autoptica nel cranio del pescatore Jalestine sarebbe compatibile con un Kalashnikov, e, in particolare, con le mitragliatrici di tipo Pk o Pkm di fabbricazione russa, jugoslava e cinese. Un arma da fuoco, considerata la più diffusa al mondo, comunque, non in dotazione dei marò che avevano a disposizione solo le Minimi belghe e le Beretta AR 70/90 italiane con proiettili calibro 5,56 x45 Nato, molto più piccoli del 7,62×54 R rinvenuto sul cadavere del pescatore indiano Jalestine, ma, invece, al servizio di alcuni paesi tra cui, appunto, lo Sri Lanka che ha dotato di quest’arma le forze di Marina e l’India che ne ha rifornito l’Esercito.

I proiettili trovati incompatibili con le armi dei marò

Due paesi l’India e lo Sri Lanka fra loro «in conflitto per la gestione delle zone di pesca del tonno con respingimenti in mare da parte» cingalese, spiega il quotidiano partenopeo ricordando che nei giorni dei fatti dell’Enrica Lexie «i due pescatori indiani erano andati, secondo quanto riportato dalla stampa locale, proprio a pesca di tonni».
Al di là dei proiettili a scagionare potenzialmente i due marò – tra i fogli dei tanti documenti giunti ad Amburgo – ci sarebbe anche un altro elemento, sempre emerso dall’autopsia.
Il fatto che – scrive Il Mattino – l’ogiva da 31 millimetri (incompatibile con le armi Nato che con il loro calibro arrivano fino a un massimo di 23 mm), è stata ritrovata «quasi intatta nel cranio del pescatore tanto da consentirne la misurazione». Un elemento che denota che «che quel colpo è stato sparato da almeno un chilometro di distanza, se non di più», altrimenti sarebbe fuoriuscito.

 

 

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