L’ultima svista di Saviano: «Un castello in mano a mafiosi». Ma viene smentito

9 Set 2015 11:54 - di Redazione

Un castello sequestrato ai boss che resta in mano ai mafiosi? Roberto Saviano denuncia ma negli ultimi tempi la precisione non è il suo forte, almeno a giudicare dalla smentita, garbata ma categorica, che gli arriva dai suoi stessi estimatori del Pd. “Caro Roberto, nell’articolo apparso ieri su Repubblica fai riferimento al Castello di Miasino, in provincia di Novara, portandolo come esempio negativo di un bene confiscato in via definitiva ma ancora gestito dai familiari del boss al quale era stato confiscato. È vero che per anni è avvenuto questo. Oggi, però, non è più così», scrivono in una lettera aperta allo scrittore, dopo l‘articolo apparso ieri su Repubbica, due esponenti del Pd, Domenico Rossi, consigliere regionale del Piemonte e il deputato Davide Mattiello, componente delle Commissioni Antimafia e Giustizia. «Grazie a un lavoro portato avanti negli ultimi due anni da diverse istituzioni (Consiglio Regionale del Piemonte, Giunta della Regione Piemonte, Commissione Parlamentare Antimafia e Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati), e dalla società civile organizzata novarese – ricordano i due esponenti del Pd – da febbraio 2015 il Castello di Miasino è libero, non più gestito da familiari riconducibili a Pasquale Galasso, ma tornato nelle disponibilità dello Stato. È oggi esempio positivo di un percorso possibile, che si concluderà solo con il riutilizzo sociale del bene. Ora come comunità piemontese abbiamo una responsabilità in più: non possiamo fallire. Non appena l’agenzia trasferirà il bene alla Regione dovremo subito far partire il percorso di riutilizzo sociale. Sabato 12 Settembre – scrivono Rossi e Mattiello – saremo nel castello con la Carovana nazionale antimafia per ribadire ancora questo impegno: sarebbe bello averti lì con noi, per dire che non è vero che non cambia mai nulla, che non si può fare. Al contrario, questo è un paese capace anche di realizzare sogni e storie collettive. Ti aspettiamo!».

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