Troppe tasse, nessuno investe in Italia: solo la Grecia sta peggio di noi

29 Ago 2015 10:37 - di Redazione

Nel 2014 gli Ide (Investimenti diretti esteri) in entrata in Italia ammontavano a 281,3 miliardi di euro. Rispetto al 2013, sono aumentati di 9,5 miliardi, pari ad un incremento percentuale di 3,5 punti. Nessun altro Paese ha conseguito uno score migliore. Tra tutti i paesi dell’area euro solo l’Italia, la Slovenia (+3,5%) e la Finlandia (+2,2%) hanno conseguito un risultato positivo. Ma c’è anche un’altra faccia della madaglia. L’elaborazione della Cgia si basa su dati dell’Unctad (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo) e sebbene i dati relativi al flusso in entrata presentino un segno positivo, la situazione dello stock degli Ide in percentuale al Pil italiano rimane allarmante.

Investimenti, un rosso che nasce da lontano

Con un misero 17,4%, anche nel 2014, così come è avvenuto dall’inizio della crisi, l’Italia è in coda alla graduatoria europea. Solo la Grecia registra una situazione peggiore della nostra (8,5%). Per Paolo Zabeo della Cgia a limitare o allontanare gli investimenti stranieri in Italia sono “l’eccessivo peso delle tasse, le difficoltà legate ad una burocrazia arcaica e farraginosa, la lentezza della giustizia civile, il ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, il deficit infrastrutturale e il basso livello di sicurezza presente in alcune aree del paese”. «Se queste sono le ragioni che rendono il nostro paese poco attrattivo – rileva Zabeo -, pensate in che condizioni operano gli imprenditori italiani che nonostante ciò continuano a credere nelle proprie attività, ad investire nel futuro e a dare lavoro a milioni e milioni di italiani». Per Zabeo il buon risultato del 2014 si spiega perché “è stato conseguito in massima parte grazie all’acquisizione, da parte dei grandi gruppi finanziari stranieri, di pezzi importanti del nostro Made in Italy”.

Un Paese colonizzato e impoverito

«Nel settore della moda – precisa -, dei servizi, delle comunicazioni e dei trasporti, molti marchi storici sono finiti sotto il controllo degli investitori stranieri. Se queste acquisizioni non daranno luogo a una fuga all’estero delle attività progettuali e produttive di questi nostri brand, tutto ciò va salutato positivamente». «Purtroppo, l’internazionalizzazione dell’economia che stiamo vivendo da almeno 20 anni – sottolinea Zabeo – si manifesta e prende sempre più forma anche in questo modo». Nel 2014 – secondo la Cgia – i principali paesi di provenienza dei flussi in entrata nel nostro paese sono stati il Lussemburgo (39% del totale), la Francia (20,8% del totale) e il Belgio (12,4% del totale). E’ chiaro che gli investitori lussemburghesi sono riconducibili alle multinazionali con sede nel Granducato che da tempo beneficiano della fiscalità di vantaggio concessa alle imprese da questo paese. A livello territoriale è il Nordovest l’area che riceve il più alto numero di investimenti. Nel 2013, ultimo anno in cui i dati sono disponibili per ripartizione geografica, il vecchio triangolo industriale ha “attratto” il 65% circa degli investimenti totali. Seguono il Centro (18,5% del totale), il Nordest (13,8%) e il Sud (2%).

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