Rischio bancarotta per l’Udc di Casini. Ora neanche più il suocero lo aiuta

27 Ago 2015 13:53 - di Alberto Fraglia

Casse vuote e rischio bancarotta pert l’Udc di Cesa e Casini. A certificarlo è la Moore Stephens, società di revisione che ha analizzato il bilancio 2014 del partito. Il Giornale dedica un ampio servizio alle disavventure finanziarie dell’Udc. “Dai fasti di Casini al crac. L’Udc rischia di sparire”, recita il titolo. La circostanza di cui si parla è il disavanzo con cui si è chiuso l’ultimo anno, quasi 2 milioni di rosso, profondo rosso. Insomma , spese elettorali elevate a fronte di incassi esigui. Non solo si è prosciugato il rubinetto dei contributi statali, da più di 4,6 milioni nel 2013 a 31 mila euro, spiccioli. Ma il partito di Casini sembra aver perso anche l’appoggio dei munifici amici che lo avevano sponsorizzato negli anni precedenti. Le “contribuzioni liberali” per Casini e company nell’ultimo anno si sono drasticamente ridotte, dal milione e mezzo di euro dell’anno prima (tra donazioni di persone fisiche e aziende) ai miseri 57 mila versati dagli stessi eletti dell’Udc tra Parlamento e consigli regionali.

Non arriva più all’Udc il solito mega assegno di Caltagirone

Non arriva più il solito assegno a sei cifre da Gaetano Caltagirone, suocero di Casini e storico finanziatore dell’Udc. Si dice – rivela il Giornale – che il costruttore abbia altre passioni politiche al momento (simpatie renziane, e poi Alfio Marchini per il Campidoglio). Per non parlare del fallimento del 2 per mille, introdotto dal nuovo sistema di finanziamento dei partiti. Un vero flop. Per l’Ud una catastrofe: appena in 114  hanno raccolto l’appello disperato lanciato da Cesa. Il quale, però, si consola con il fatto che, cambiato il finanziamento pubblico, tutti i partiti sono destinati a fallire. Che cosa fare allora? Ecco la ricetta di Casini: trovare posto nel Pd di Renzi, nella versione Partito della Nazione. Una scelta obbligata, dicono da quelle parti. Si, di natura finanziaria. Per Casini vale sempre l’antica massima latina: primum vivere, deinde filosofare.

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