Morto dopo ricovero forzato: «È stata fatale la compressione al collo»

11 Ago 2015 14:20 - di Redazione

Una «manovra coercitiva» esercitata per un tempo eccessivo: potrebbe essere una delle concause della fine di Andrea Soldi, il 45enne torinese affetto da schizofrenia morto dopo essere stato caricato a forza in un’ambulanza per un Trattamento sanitario obbligatorio. È quanto emerge dall’autopsia disposta dal pm Raffaele Guariniello. Per immobilizzarlo, gli era stato stretto il collo. L’ipotesi formulata dal medico legale Valter Declame è quella di una morte per «choc da compressione latero-laterale al collo». A sostenerla, secondo quanto si apprende, c’è un ematoma sottocutaneo scoperto nel corso dell’autopsia. La manovra con stretta eseguita dagli agenti della polizia municipale intervenuti sul posto deve avere una durata massima – è l’opinione dell’esperto – di una quindicina di secondi. Diversamente, provoca una riduzione dell’afflusso di sangue al cervello con perdita del respiro, del controllo urinario e della coscienza. Secondo quanto emerge dall’indagine della procura per salvare Andrea Soldi bisognava eseguire un intervento di rianimazione durante il trasporto in ambulanza: la manovra però era impossibile perché l’uomo era ammanettato e prono.

“Violenze durante il ricovero forzato”

«C’è sicuramente un nesso causale tra la manovra effettuata e il decesso», sostiene il legale della famiglia di Andrea, Giovanni Maria Soldi, cugino della vittima. Molti testimoni, ascoltati nei giorni scorsi in procura, hanno riferito che per immobilizzare l’uomo, 150 chili di stazza, sono state utilizzate maniere troppo forti. Una donna ha sostenuto di avere visto un vigile urbano afferrare la vittima al collo, per immobilizzarlo, mentre altre persone sostengono di averlo visto caricare sulla barella in posizione prona e ammanettato dietro la schiena. «È probabile che la manovra di contenimento dei vigili – insiste l’avvocato Soldi – abbia dato origine ad una difficoltà respiratoria che è poi degenerata, dal momento che nel tragitto verso l’ospedale (un viaggio di appena 7 minuti, ndr) non c’è stato nessun intervento di soccorso». Particolare quest’ultimo che, se confermato, potrebbe far scattare anche l’accusa di “omissione di soccorso”.

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