Il Cardinale di Napoli attacca il Governo: “Non si dimentichi del Sud”

2 Ago 2015 10:28 - di Redazione

«Rottamiamo pure le vecchie questioni e le vecchie logiche assistenziali ma, nell’ambito del sistema Paese, valorizziamo le grandi potenzialità e le enormi risorse, umane e intellettuali, meridionali. Il Sud non può finire nella povertà». Dopo il report dello Svimez che ha fotografato il disastro dell’economia meridionale, messa peggio della Grecia sul profilo del lavoro, il cardinale Crescenzio Sepe lancia un accorato appello al premier Matteo Renzi a non abbandonare il Mezzogiorno.

Il Cardinale Sepe si appella direttamente a Renzi: “Non abbandoni il Sud”

«Quello studio – commenta il presule su “Il Roma” – presenta il Meridione come comunità condannata alla povertà, offrendo un’analisi drammatica che, purtroppo, è soltanto la conferma di una denuncia, di un grido d’allarme che le Chiese del Mezzogiorno, e quella di Napoli in particolare, hanno lanciato da anni. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire, ma, nel rispetto della dignità della persona umana, avverte il dovere di richiamare credenti e non credenti, singolo cittadino e governanti, alle proprie responsabilità e a un fattivo impegno civico. In questi anni abbiamo potuto registrare soltanto indifferenza, egoismo e disinteresse, se non negligenza, dinanzi alle grandi e gravi difficoltà dei nostri territori e della nostra gente».

Situazione del Sud è drammatica, ricorda il Cardinale Sepe

«Troppo tempo – prosegue – viene dedicato agli interessi personali e di parte piuttosto che alla riflessione, alle scelte e ai progetti reali per far uscire il Sud dall’emergenza cronica e imboccare la strada del riscatto e dello sviluppo». Il metropolita sottolinea l’esi stenza di «un Sud fatto di tanti Sud dimenticati, abbandonati al loro destino, per cui non ci dobbiamo sorprendere se da Svimez ci viene detto sostanzialmente che quello meridionale è un popolo destinato alla povertà assoluta. Abbiamo tutti il dovere di reagire contro questa tendenza e questo rischio. Dobbiamo lavorare per costruire il bene comune, il futuro dei nostri giovani. Noi Chiesa siamo pronti a fare la nostra parte e a camminare insieme verso una società più giusta. Lo abbiamo detto nel 2009 senza che qualcuno ci avesse dato ascolto. Lo ribadiamo oggi – conclude il cardinale Sepe – con la stessa convinzione e la stessa forza di allora, perché siamo ormai alla fine della folle corsa».

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