Il benvenuto di Fidel Castro a Kerry: «Gli Usa ci devono milioni di dollari»

13 Ago 2015 16:06 - di Niccolo Silvestri

Rischia di durare loco più dello spazio di un mattino il nuovo corso inaugurato da Barack Obama nelle relazioni diplomatiche tra Usa e Cuba. Se Raul Castro, attuale guida dell’isola caraibica, ha infatti ripreso il dialogo con Washington chiudendo circa mezzo secolo di totale incomunicabilità tra le due nazioni, suo fratello Fidel, e capo indiscusso della rivoluzione dal 1959, usa ancora parole da Guerra Fredda nei confronti degli Stati Uniti.

A 89 anni il “líder máximo” non rinuncia alla ribalta

Il vecchio lider maximo,  in un articolo intitolato “La realtà e i sogni” ha voluto dare il proprio personale benvenuto al segretario di Stato Usa John Kerry in visita ufficiale all’Avana scrivendo che gli Stati Uniti sono debitori nei confronti di Cuba di «indennizzi» pari a «molti milioni di dollari» a causa dei «danni» provocati dalle politiche americane verso l’isola, come denunciato all’Onu dai cubani «con argomentazioni e dati non contestabili».

Nel mirino di Castro gli ultimi presidenti americani

E non è finita: nell’articolo – con sapiente utilizzo delle date e degli eventi storici – Fidel Castro ricorda «le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki», sottolineando che «il territorio e le industrie Usa» non vennero raggiunti dalla guerra e gli Stati Uniti divennero così «il paese più ricco e meglio armato della terra». E ancora: «Quasi tutto l’oro del mondo» finì a Washington, aggiunge l’ex-dittatore, ricordando inoltre che gli Usa non rispettarono gli accordi di Bretton Woods  sul rapporto oro-dollaro e la «violazione» da parte di Richard Nixon «degli impegni presi da Franklin Delano Roosvelt». Quindi la conclusione: «Noi – scrive Fidel – non smetteremo mai di lottare per la pace e il benessere di tutti gli esseri umani». Il caso ha voluto che Castro vergasse quest’articolo proprio nel giorno del suo 89simo compleanno. Il suo, dunque, più che un attacco va semmai considerato una sorta di testamento politico. Circostanza, questa, che probabilmente consentirà a Washington di reagire con una semplice scrollatina di spalle.

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