Sebastiano Vassalli, addio a uno scrittore libero

27 Lug 2015 16:28 - di Corrado Vitale

Lutto nel mondo della lettaratura italiana. Lo scrittore Sebastiano Vassalli è morto la scorsa notte, al’età di 73 anni, in una camera dell’hospice “Monsignor Zacchero” di Casale Monferrato (Alessandria) dove è stata allestita la camera mortuaria. Lo scrittore, informano dalla struttura ospedaliera, aveva espresso la volontà di essere cremato. Era stato lui stesso a scegliere la casa di cura, fuori la “sua” Novara, dove saranno anche i funerali. Di Sebastiano Vassalli si ricorda in particolare il romanzo storico-etnografico  La Chimera, del 1990, che gli valse il Premio Strega e il Premio Campiello. Ma la sua produzione è vastassima, sempre all’insegna della libertà di ricerca espressiva, al di fuori dei canoni imposti dell’establishment culturale italiano. E soprattutto all’insegna della  libertà ideologica. Sabastiano Vassalli era di sinistra, ma ha sempre detto e scritto  senza filtri politici, quello che vedeva e che colpiva la sua sensibilità di narratore. Nel 1985, con Sangue e suolo, pubblicò un memorabile reportage letterario sull’Alto Adige, denunciando la condizione di minorità della comunità italiana e l’esagerata esaltazione dell'”etnia” tedesca. Il pubblico di destra apprezzò in quell’occasione l’obiettvità dello scrittore. Proprio in quell’anno il  Msi-Dn divenne il primo partito italiano a Bolzano. Ma Sebastiano Vassalli non ebbe timore di scrivere cose che davano ragione, in vario modo, alla battaglia della destra. Vassalli coglieva  con finezza quella vena pangermanica, appena velata, che faceva dire persino a qualche autorevole esponente sudtirolese che bisogna esaltare più l’elemento per così dire “nazionale” (tedesco) che non regionale (tirolese).

Nato il 24 ottobre 1941 a Genova, da madre toscana e padre lombardo, Sebastiano Vassalli ha vissuto a Novara da sempre, fin da quando era bambino. Si era laureato in Lettere all’Università di Milano con Cesare Musatti, affrontando i rapporti fra arte contemporanea e psicanalisi. Poi l’insegnamento, tra gli anni Sessanta e Settanta insieme a un’intensa attività artistico letteraria. E all’amore per la pittura. È  stato con tutte le sue anime che ha fondato anche le riviste Ant. End e Pianura. Dopo alcune prose sperimentali come Narcisso, uscito nel 1968 da Einaudi, Tempo di massacro e L’arrivo della lozione (Calypso), e plaquette poetiche come Il millennio che muore (Einaudi 1972), la sua opera comincia a distinguersi per un profondo lavoro di ricerca storica che va dal Medioevo alla Controriforma fino al Ventennio fascista e al Sessantotto italiano. Ma arriva anche a un ipotetico futuro.

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