Un romanzo storico su Hudal, il vescovo nero che aiutò i nazisti in fuga

4 Lug 2015 14:49 - di Renato Berio

Quanto è approfondita la storiografia sul consenso cattolico nei confronti dei regimi fascisti fioriti in Europa tra le due guerre mondiali? Non abbastanza, ma soccorre certamente allo scopo un recente romanzo storico di Dario Fertilio sulla figura del vescovo Hudal ( L’anima del Führer, Marsilio), rettore dal 1923 al 1952 del Collegio tedesco di S. Maria dell’Anima di Roma. Un personaggio controverso, il “vescovo nero”,   che si era messo in testa di convertire i nazisti al cattolicesimo e che ebbe un ruolo attivo nell’aiutare i gerarchi nazisti a fuggire dall’Europa.

Aiutò a fuggire anche Mengele e Priebke

Nel 1946, scrive Fertilio, “migliaia di fuggiaschi tedeschi, incalzati dalla giustizia dei vincitori, utilizzarono la via di fuga aperta dal vescovo Alois Hudal. Alcuni dei loro nomi, come quelli di Joseph Mengele, noto come l’ “angelo della morte” di Auschwitz, o di Erich Priebke, responsabile della strage delle Fosse Ardeatine, o di Adolf Eichmann, organizzatore del traffico di ebrei verso lo sterminio, o di Eduard Roschmann, lo spietato macellaio di Riga contribuirono in seguito a creare una leggende nera” ma occorre anche sottolineare che la maggioranza di coloro che con il suo aiuto riuscì a fuggire non si era macchiata di colpe orrende. L’organizzazione di assistenza forniva una nuova identità ai fuggiaschi, sfornava passaporti con la copertina bianca e poteva contare sull’ospitalità del collegio teutonico dell’Anima. Ricevuti i documenti, il proscritto “iniziava un prudente percorso di avvicinamento a Genova” per imbarcarsi verso il Sud America, generalmente l’Argentina. Le spese erano coperte con “una parte dei fondi che proveniva dalle finanze residue del Reich” ma “è certo che anche la Chiesa di Roma non fece mancare il suo decisivo contributo, con l’assenso di Pio XII”.

Hudal non si pentì mai di avere creduto in Hitler

In un dialogo immaginario in cui Hudal giustifica il suo operato, Fertilio gli fa spiegare così le sue simpatie per Hitler che espresse anche in un libro scritto nel 1937, I principi del Nazionalsocialismo: “Io non rinnego di avere creduto con tutta la mia anima nella missione della Germania. o approvato, e ancora perseguo, una visione totale dell’esistenza, capace di contrastare l’individualismo capitalistico, che riduce l’umanità a un insieme di atomi. E allo stesso tempo cerco una fede in grado di alzare una barriera contro le orde asiatiche, atee e nemiche della nostra comune civiltà cristiana. Questo ho sperato: che il Reich interpretasse l’esigenza spirituale e storica di una conciliazione tra potere dello Stato e diritti naturali dell’individuo, alla luce del cristianesimo”. Un miraggio, un’illusione di cui Hudal, che trascorse i suoi ultimi anni a Grottaferrata, non si pentì mai.

 

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