Razzo su una nave della marina egiziana: l’Isis rivendica l’attentato

16 Lug 2015 18:22 - di Bianca Conte

Isis, ancora attacchi. Ancora distruzione. Ancora morte. Nelle ultime ore, gruppi affiliati ai miliziani jihadisti agli ordini del Califfo, hanno postato e rivendicato su Twitter  – con tanto di foto dell’agguato – l’ultima azione terroristica: il lancio di un razzo avrebbe provocato un forte incendio su una nave della marina egiziana al largo di Rafah nel nord del Sinai»: ma il condizionale è d’obbligo in attesa della conferma ufficiale…

Isis, ultimi aggiornamenti “dal fronte”

La rivendicazione dell’attentato, infatti, non è stata confermata dalle forze armate, e al momento resta da verificare anche l’entità dell’attacco. Quel che si è appurato è che il lancio del razzo, forse un «sistema» anti tank, ha provocato l’esplosione di un incendio a bordo che è durato diverse ore. Le autorità non hanno forntio precisazioni o dettagli sui danni e, soprattutto, non si hanno dati certi sulle eventuali vittime. Va anche detto che il portavoce militare egiziano Mohamed Samir qualche ora fa ha parlato di uno «scontro a fuoco con terroristi a largo delle coste del Sinai»: un’offensiva che «aveva causato un incendio a bordo della nave, senza però registrare perdite umane». Un caso, insomma, i cui termini restano ancora da chiarire a fondo, anche se a giudicare dalle immagini sembra difficile ipotizzare l’assenza di vittime… Intanto poi, vista la globalizzazione della minaccia terroristica e la guida a stelle e strisce delle forze alleate in missione in Siria e in Iraq, sempre in queste ore si è diffusa la notizia della consegna alle autorità da parte di un’azienda statunitense di forniture militari e di materiale per la sicurezza deelle aree confinanti con Iraq e Siria: un progetto realizzato nel quadro di un accordo tra Usa e Giordania del valore di 79 milioni di dollari. Secondo fonti ufficiali del regno hascemita, la società Usa Raytheon si incaricherebbe infatti di consegnare ai militari giordani radar, telecamere a raggi infrarossi, strumenti di comunicazione, veicoli e altro materiale per migliorare la capacità di Amman di assicurare la sicurezza dei confini con Siria e Iraq. Questi due Paesi sono da anni devastati da conflitti intestini con ramificazioni regionali e, come noto, dal 2013 sia l’Iraq che la Siria sono in parte controllati dall’organizzazione dello Stato islamico (Isis), percepito come principale minaccia ai governi della regione. E non è ancora tutto: secondo alcune indiscrezioni, un primo sparuto gruppo di miliziani siriani addestrati dagli Usa per combattere contro lo Stato islamico sarebbe entrato in queste ore in Siria dalla Giordania. Lo riferiscono fonti giordane e siriane al confine, che aggiungono inoltre che i miliziani sarebbero entrati a bordo di quattro vetture 4X4, su alcune delle quali sarebbero stati montati dei mitragliatori. Secondo altre fonti, poi, i miliziani si posizioneranno a est di Suwayda. I combattenti si sono impegnati a non confrontarsi con le truppe governative siriane e con le milizie filo-iraniane alleate di Damasco.

La task force svedese per il recupero dell’antichità

Infine, nella convinzione che molti reperti artistici sottratti in Siria dai combattenti dell’Isis siano finiti in Svezia, il governo di Stoccolma ha deciso di mettere in campo una task force che investighi sui cosiddetti crimini di guerra contro le antichità. Secondo l’agenzia TT, l’Isis si autofinanzierebbe vendendo i reperti rubati in Siria e in Iraq, alcuni dei quali si pensa siano ora in Svezia nonostante il paese scandinavo non sia considerato paese d’elezione per questo tipo di traffico, che invece sembra particolarmente fiorente in altri paesi europei e Stati Uniti. «Abbiamo indicazioni che oggetti rubati in Siria siano in Svezia», ha detto infatti Kenneth Mandergrehn della polizia di Stoccolma, tra cui «reperti in preziosi metalli antichi di migliaia di anni». Secondo il sovrintendente di polizia la Svezia sta costituendo una nuova task force nazionale ad hoc, anche in considerazione di un fenomeno che si va allargando sempre di più: il reclutamento da parte dell’Isis di cittadini scandinavi che partono per combattere sotto le sue bandiere in Medio Oriente.

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