Rai, sconfitti i nemici della “Gasparri”: il Cda si voterà con l’attuale legge

29 Lug 2015 18:45 - di Giacomo Fabi

Avvertenza numero uno: agli italiani della Rai come bottino politico non gliene frega niente. Le uniche polemiche in grado di catturarne l’attenzione sono quelle sul canone, balzello tra i più odiati dai contribuenti, compresi quelli che lo evadono; avvertenza numero due: nonostante ciò, da sempre la Rai è il sismografo più sensibile e attendibile della politica italiana, molto più dei vertici a quattro o a due, dei congressi (per quelli che ancora si ostinano a celebrarne) e delle riunioni ristrette.

Lo ha scritto il ministro Padoan alla Vigilanza Rai

Con questa breve quanto necessaria premessa, è di solare evidenza che quando il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che della concessionaria del sevizio pubblico radiotelevisivo è l’azionista, prende carta e penna per invitare la commissione di Vigilanza a «procedere quanto prima al rinnovo» del Cda Rai e di «comunicare le designazioni di spettanza della Bicamerale, secondo quanto previsto dalla legge Gasparri», è il segno che qualcosa negli equilibri politici nazionali si sa muovendo. Già, perché, praticamente da sempre, la sinistra considera la Rai alla stregua dell’«argenteria di famiglia», per usare una fortunata espressione di Giuliano Amato, che pure è di sinistra. Di conseguenza, aveva immaginato di farne un solo boccone data la sua condizione di forza egemone nel governo e nel Parlamento. Soprattutto, pensava di disfarsi della legge Gasparri, quindi di introdurre la figura di un “ad” previo svuotamento del consiglio di amministrazione e così procedere – manu militari – alla trasformazione in latifondo di quel che oggi risulta almeno lottizzato dal pluralismo delle varie forze politiche presenti in Vigilanza.

Per la minoranza del Pd è una nuova “mazzata”

La sollecitazione di Padoan alla Commissione presieduta dal grillino Roberto Fico ha rimescolato le carte. La Gasparri non solo non si cambia ma continua a regolare la governance aziendale. Indizio concreto che un filo di dialogo tra Berlusconi e Renzi resiste nonostante tutto. Non siamo proprio alla riedizione del patto del Nazareno, ma di certo – almeno sulla Rai – il Cavaliere resta ancora l’interlocutore privilegiato dl premier. E questa, dopo il soccorso annunciato da Verdini sulle riforme costituzionali e il salvataggio di Azzollini grazie al “soccorso rosso” dei senatori renziani, è la terza mazzata in un solo giorno per la minoranza del Pd. E scusate se è poco.

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