Pd: malgrado Crocetta e Marino, Renzi tenta la carta dell’orgoglio di partito

18 Lug 2015 13:27 - di Niccolo Silvestri

Fa leva sull’orgoglio di partito, Matteo Renzi, per dissipare davanti alla direzione nazionale del Pd ogni polemica e per spegnere qualsiasi focolaio di rivolta. La cornice è quella dell’Expo milanese, arroventata dai 40 gradi esterni ma anche dai bollori interni. Renzi lo ha intuito e per questo tenta di far scattare la leva dell’orgoglio. Un orgoglio messo a dura prova da Ignazio Marino a Roma e da Rosario Crocetta a Palermo. Il sindaco della capitale ed il governatore della Sicilia sono ormai due spine conficcate nel volto del Pd he il premier prova ad estirpare una volta per tutte.

Renzi: «Abbiamo fatto ripartire il Paese»

Ma non sono le uniche. Alle viste si staglia come un iceberg la sagoma di Denis Verdini, l’ex-uomo ombra di Berlusconi, che può mettere in sicurezza i progetti di riforma costituzionale cantierati da Renzi. L’intesa tra i due toscani è cosa fatta. Già la prossima settimana Verdini ed i suoi dovrebbero abbandonare Forza Italia e sbarcare in maggioranza dopo il rodaggio sulle modifiche alla Carta fondamentale. Ma Renzi sa che non sarà un passaggio indolore. Anzi. L’ex-capogruppo Roberto Speranza ed il  bersaniano Miguel Gotor hanno già notificato al segretario-premier che di cambiare la Costituzione con i voti di Verdini e dei verdiniani non se ne parla proprio. A maggior ragione se i voti di questi ultimi dovessero servire a sostituire quelli della minoranza dem.

Ma la minoranza già incalza: «Non vogliamo Verdini»

Ecco perché Renzi ha dovuto far leva sull’orgoglio: «Ciò che abbiamo fatto con nostri deputati e senatori in un arco di tempo abbastanza limitato – ha detto ai dirigenti riuniti a Milano – è particolarmente degno di onore e orgoglio perché ha consentito al Paese di ripartire. Lo dimostrano i numeri crudi di questi giorni e delle ultime ore sono spesso oscurati dalla grancassa del disfattismo cosmico». Il bersaglio è, manco a dirlo, quella che lui chiama «la tribù dei musi lunghi» del Pd. «C’è stato un tempo – ha ricordato a chi ha lamentato la perdita di comuni importanti – in cui si perdeva molto di più». Alla minoranza dà appuntamento al Congresso del 2017. Nel frattempo, continuerà a cumulare le due cariche di leader e di premier.

 

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