L’ultima arringa di Varoufakis: «I creditori si comportano da terroristi»

4 Lug 2015 13:55 - di Redazione

«Quello che i creditori stanno facendo con la Grecia ha un nome solo: terrorismo». Va giù pesantissimo, come nel suo stile, il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis in una lunga intervista a El Mundo alla vigilia dello storico referendum. Oltre ad accusa rei creditori internazionali  rivela alcuni retroscena della lunga trattativa tra il governo di Atene e la Troika.

L’accusa di Varoufakis

«Quello che posso dire – prosegue Varoufakis – è che tutto quello che sta accadendo in Grecia in questi giorni lo avevano preparato fin dall’inizio, che già 5 mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che non accettava di farsi ricattare dall’establishment europeo». Nella lunga intervista al quotidiano rivela testualmente: «Nella prima settimana come ministro ho avuto un incontro con il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Djisselbloem, e già allora mi fu chiaro che avevamo soltanto due opzioni: o firmavamo l’accordo che il precedente governo greco aveva accettato oppure avrebbero chiuso il programma di aiuti. Gli chiesi se mi stava minacciando con un Grexit, rispose insistendo che se non avessimo firmato sarebbe finito il programma di aiuti. Perché sappiamo tutti che tagliare il programma di aiuti significava obbligarci a chiudere le banche». E ancora contro i diktat dell’Ue: «Questa Europa non ama la democrazia. Se ci avessero concesso una piccola estensione al programma di aiuti avremmo svolto il referendum con le banche aperte, invece ci hanno costretto a chiuderle. E perché lo hanno fatto? Per instillare la paura nella gente. Questo fenomeno si chiama terrorismo. Però io confido che la paura non vincerà».

Aspettando lunedì

Varoufakis, che ammette di sentirsi “in guerra”, ribadisce le aspettative e traccia i prossimi sviluppi. Se vincerà il no, il premier Alexis Tsipras si recherà lunedì a Bruxelles, firmerà un accordo («non fantastico ma migliore di quello proposto») e martedì riapriranno le banche. Il ministro di ferro è convinto che questo sia lo scenario più credibile «perché c’è troppo in gioco, sia per la Grecia che per l’Europa: se la Grecia si schianta, l’equivalente del prodotto interno spagnolo verrà perso e sono troppi soldi, l’Europa non se lo può permettere». Se dovesse vincere il, Varoufakis ripete l’impegno già annunciato, quello di dimettere il giorno dopo. «Preferisco tagliarmi un braccio piuttosto che firmare quell’accordo».

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