Fu il Pakinson a mettere KO Hitler? Scienziati americani sostegono che…

3 Lug 2015 15:44 - di Augusta Cesari

Secondo un’analisi condotta da ricercatori americani, alla base del temperamento incauto, degli errori tattici e della mancanza di empatia e rimorso mostrati dal Fuhrer durante la Seconda Guerra Mondiale ci potrebbe essere una patologia neurologica. Il morbo di Parkinson potrebbe aver giocato un ruolo cruciale nella sconfitta di Adolf Hitler. Ma anche alcuni tratti della sua personalità, definita “disumana” e caratterizzata da mancanza di rimorso e compassione, potrebbero essere collegati a questa patologia. A sostenerlo è  uno studio di Raghav Gupta del Department of Biology del College of New Jersey e di un team della University of Pittsburgh, pubblicato su World Neurosurgery.  La figura e la parabola storia di Adolf Hitler continuano ad essere indagate, ad interessare non solo storici, ma ora anche biologi di fama. Due team di studiosi di prestigiosi atenei Usa sono giunti dopo molte ricerche a sostenere che  il Parkinson potrebbe aver influenzato alcune decisioni cruciali di Hitler, come l’attacco prematuro della Russia nel 1941, la mancata difesa della Normandia nel 1944 e il mantenimento delle forze a Stalingrado nel 1942.

Tutto ciò- spiegano- è il risultato di un “temperamento instabile”, aggravato dal Parkinson. Lo studio avanza anche l’ipotesi che alcuni tratti della personalità di Hitler potrebbero essere associati al Parkinson. «La personalità disumana di Hitler, segnata da una vera e propria mancanza di compassione e di rimorso, può anche essere ascritta al suo stato di salute -spiegano gli autori- forzandolo spesso ad agire in modi che oggi caratterizzeremmo come brutali. La possibilità che Hitler avesse il Parkinson è stata a lungo oggetto di dibattito», scrive Gupta, rilevando che prove video evidenziano che mostrava un progressivo deterioramento della funzione motoria dal 1933 al 1945. Nell’ultima parte della sua vita, Hitler avrebbe sofferto di un pronunciato tremore alle mani, in particolare quella sinistra, che ha spinto molti studiosi a chiedersi se fosse malato.

Quella di “leggere” il comportamento dei personaggi storici in base alle conoscenze mediche che abbiamo oggi e alla descrizione delle loro condizioni che ci sono state tramandate dagli scritti e dai filmati è un esercizio interessante, intrigante, che sta prendenso sempre più piede: in questo modo, per esempio, i ricercatori dell’Imperial College di Londra hanno ribaltato l’ipotesi secondo cui Giulio Cesare soffrisse di epilessia, ipotizzando che in realtà si trattasse di una serie di mini-ictus ripetuti nel tempo, che spiegherebbero meglio i suoi problemi di vertigini, equilibrio e l’insensibilità agli arti, così come descritta dai suoi biografi. Tuttavia, quando si parla di personalità controverse, è inevitabile che certe analisi siano destinate a creare scalpore, a finire sotto i riflettori, a dividere.

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