Camorra, amante gelosa fa scoprire la rete degli aiuti del boss

20 Lug 2015 13:31 - di Francesca De Ambra

L’amante è gelosa e i carabinieri ringraziano. Si può sintetizzare così l’operazione che ha portato in cella il boss Luigi Cimmino ed altre quattro elementi di spicco del suo clan compreso il camorrista con il delicato incarico di non far mancare nulla alle famiglie dei detenuti. Doveva farlo ogni mese e direttamente con le loro mogli. Un contatto troppo ravvicinato per non suscitare la gelosia della sua amante che non potendosi opporre al “lavoro” dell’uomo aveva deciso di controllarlo imponendogli di tenere attivato il telefonino – in modo da poterlo ascoltare – ad ogni “mesata”, cioè ad ogni consegna di stipendio alle consorti degli affiliati. Il problema (per lui) è che lo ascoltavano anche gli uomini dell’Arma che da tempo ne intercetta l’utenza.

Il capoclan Cimmino in manette accolto da applausi e grida di sostegno

Cimmino è stato così ammanettato dai carabinieri e portato nella caserma della Compagnia del Vomero, nella parte alta della città. Quando ne è uscito – in ossequio ad un disgustoso copione che rischia di trascinare nel vortice di un severo giudizio di condanna l’intera Napoli – è stato accolto dai battimani scroscianti e dalle urla di approvazione dai suoi familiari («bravo, bravo»). Al nome di Cimmino è legato quella di Silvia Ruotolo, una delle tante vittime innocenti delle guerre di camorra che con sorprendente frequenza insanguinano Napoli ed il suo popoloso hinterland. Era il 17 giugno d i diciotto anni fa quando Silvia Ruotolo cadde sotto il piombo di alcuni killer, il cui vero obiettivo era appunto il boss ora finito in manette.

Nel ’97 la camorra rivale uccise al suo posto l’innocente Silvia Ruotolo

Cimmino, luogotenente del boss Caiazzo, era infatti finito in una faida tra gruppi scissionisti del clan di Giovanni Alfano, condannato come mandante insieme ad alcuni affiliati in qualità di esecutori materiali. La reazione della cosiddetta Alleanza di Secondigliano fu immediata e provocò una interruzione netta dei rapporti con Giovanni Alfano, sostituito nell’intesa dal clan Polverino, i cui interessi spaziano nel nord-napoletano, in particolare nella zona flegrea. Dopo l’arresto del boss Caiazzo, Cimmino si mise in proprio e costituì un gruppo di camorra totalmente autonomo che in breve tempo acquisì il pieno ed incontrastato controllo delle attività illecite nei quartieri collinari di Napoli. Speriamo che l’arresto abbia spezzato definitivamente la criminale catena di comando.

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