Cambogia, i boia di Pol Pot in appello. Per i comunisti non vale Norimberga

2 Lug 2015 16:49 - di Redazione

È una sorta di Norimberga del’Asia, quella che vede i due ex leader di più alto grado dei Khmer rossi ancora in vita, Nuon Chea e Khieu Samphan, che hanno presentato un ricorso in appello contro la sentenza all’ergastolo inflitta l’anno scorso dal tribunale misto dell’Onu a Phnom Penh. L’ideologo Nuon Chea (88 anni) e l’ex capo di stato Khieu Samphan (83), sono comparsi in aula nella prima udienza dopo la condanna ricevuta per crimini contro l’umanità commessi durante l’evacuazione della capitale nell’aprile 1975 e in relazione a uno dei campi dove furono uccisi migliaia di “nemici del popolo” durante il regime di Pol Pot, responsabile di 1,7 milioni di morti tra il 1975 il 1979. Il verdetto di appello non è previsto prima dell’inizio del 2016. Il processo era stato spezzettato in diversi procedimenti per arrivare a un verdetto veloce contro i due anziani imputati, prima che la legge di natura faccia il suo corso. Un secondo procedimento, relativo alle accuse di genocidio contro la minoranza musulmana Cham, è appena iniziato e si prevede che durerà anni. Nuon Chea e Khieu Samphan hanno mostrato una scarsa propensione a collaborare durante l’intera detenzione, ammettendo solo in minima parte le loro colpe.

Nelle scuole della Cambogia il genocidio è quasi tabù

Il procedimento per la sua portata storica e l’ampiezza delle indagini è stato paragonato a quello di Norimberga contro i nazisti. Il processo si era tenuto in un clima di sfiducia verso la lentezza
della corte istituita dopo annosi negoziati, perennemente a corto di fondi (le spese hanno superato i 100 milioni di dollari) nonché gravata da sospetti di corruzione e pressioni politiche del
governo cambogiano. Quattro componenti del tribunale si erano dimessi in polemica con il comportamento dei giudici istruttori, dopo che questi hanno deciso di non rinviare a giudizio altri due ex Khmer rossi di primo piano che tuttora servono come generali nelle forze armate cambogiane. Il primo ministro Hun Sen – un ex Khmer rosso che disertò per unirsi ai vietnamiti, senza comunque essere mai stato collegato a crimini – ha piu’ volte fatto capire di tollerare a malapena le indagini e di opporsi a nuovi processi, per non far ripiombare il Paese nella guerra civile. L’operato del  tribunale ha almeno permesso ai cambogiani di fare i conti con un passato doloroso che in precedenza era rimasto tabù, introducendo per esempio lo studio di quegli anni nel programma scolastico.

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