Bersani esce dal letargo e attacca Renzi: «L’italicum così non va»

2 Lug 2015 17:39 - di Redazione

“L’Italicum va cambiato, non mi stanco di ripeterlo. Così non va”. Pier Luigi Bersani, esce dal letargo e, in una giornata avara di cronaca politica e col termometro schizzato in alto, intrattiene alcuni cronisti parlamentari comodamente seduti sui divani del Transatlantico alla Camera spiegando che la nuova legge elettorale voluta da Matteo Renzi proprio non lo convince. Il fan di Vasco che dal crepuscolo della prima Repubblica ha attraversato per intero la seconda manda così un ulteriore segnale di insofferenza a quel giovanotto fiorentino che l’ha defenestrato senza troppi comlpimenti dalla giuda del Pd e lo ha costretto sino ad ora ad ingoiare parecchi rospi. Difficili da digerire anche per uno che viene da Bettola e una qualche confidenza con le rane pure ce l’ha. Ma eccola la summa del Bersani pensiero: la nuova legge elettorale “aprirà una gara a chi la spara più grossa è un’autostrada a soluzioni demagogiche”, sottolinea, perché introduce il principio per cui “chi vince prende tutto”. Dopodichè, l’ex segretario del Pd, si cala forse involontariamente nella parte del menagramo (gufo, direbbe Renzi) e ricorda con un ghigno che “statisticamente ai ballottaggi vince chi è arrivato secondo al primo turno”. Esprimendo infine e più in generale una forte “preoccupazione” perché si stanno aprendo “varchi a una destra regressiva”. In tutta Europa, persino in Turchia, i sistemi politici si stanno articolando intorno a forze del 20-30 per cento – è il ragionamento di Bersani – e tutti si stanno interrogando sulla governabilità a partire dalla rappresentanza di una società che non si lascia semplificare. Se noi pensiamo di fare una misura ortopedica per cui una di quelle forze non solo vince ma, caso unico in Europa, prende tutto e con la rotazione ogni tre anni prevista dalla riforma della P.a. addirittura tutti i dirigenti pubblici, ci mettiamo in una situazione di vera e propria avventura”. E bravo Bersani: chissà che a Renzi non siano fischiate le orecchie.

 

 

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