L’Anpi: «A scuola più Resistenza». Anche i libri di Pansa?

18 Giu 2015 10:06 - di Antonella Ambrosioni

L’Anpi non perde l’occasione di riaprire paginette di guerra civile contemporanea e raccoglie l’assist delle tracce agli esami di maturità per tentare un affondo: «Il fatto che sia stato data quest’anno alla maturità una traccia sulla Resistenza per la prima prova di italiano è un risultato molto positivo: si attribuisce finalmente valore alla storia contemporanea. Che la scuola si metta su questo terreno è un auspicio che noi facciamo da molto tempo». Esulta così il presidente nazionale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, Carlo Smuraglia. Il tema di storia – perlopiù contemporanea – viene assegnato ogni anno, il problema è che per l’Anpi, la storia contemporanea si riduce alla “sola” Resistenza e non si vuole rendere conto che il cammino degli eventi storici è andato molto avanti. Le cose vanno chiamate con il loro nome: l’Anpi vuol continuare a leggere e a far leggere ai giovani la storia con le lenti ideologiche e si spiega così tale affermazione: «La preparazione sulla Resistenza – osserva Smuraglia – andando in giro per l’Italia è a macchia di leopardo: dove ci sono insegnanti di buona volontà gli studenti sono preparati ma dove non c’è questo intervento diretto dell’insegnante c’è sofferenza. Bisognerebbe pianificare lo studio della Resistenza in modo migliore».

Dichiarazioni che gridano vendetta. Non ci pare che per Resistenza l’Anpi consideri anche le pagine nere, i massacri, i processi sommari, le rappresaglie verso altri partigiani, i libri di Giampaolo Pansa, per intenderci, quelli che, appunto, non piacciono ai nuovi “resistenti”, che da tempo impediscono al giornalista e scrittore di presentare i suoi libri, pena ne è l’ordine pubblico. Quale Resistenza deve essere insegnata meglio,nelle scuole, allora, secondo l’Anpi, quella vera o quella che esiste nelle agiografie immaginarie? La Resistenza si insegna poco? Che si dovrebe dire delle foibe e dei massacri dei comunisti di Tito, occultati, nascosti, poi ricordati ufficialmente ma blandamente nelle scuole? E chi sono «gli insegnanti di buona volontà»? I trinariciuti che spieghino la Resistenza in toni trionfalistici ed emendati ad uso e consumo dell’Anpi? Dovremmo fidarci di questi insegnanti?

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