In manette Andolina: è stato candidato di Ingroia e medico di Stamina

22 Giu 2015 17:36 - di Redattore 92

C’è anche il medico triestino Marino Andolina, già coinvolto nella vicenda Stamina, tra le cinque persone arrestate e ora ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Brescia su un’organizzazione che provava a somministrare, dietro pagamento di notevoli somme di denaro, una asserita «terapia innovativa» per la cura di gravi patologie neurodegenerative. Tra gli arrestati ci sono anche un medico bresciano e tre persone estranee al mondo della medicina: due bresciani e un milanese di Rho. L’accusa per Andolina (che è stato anche candidato come capolista in Senato per la lista di estrema sinistra dell’ex pm Antonino Ingroia) e gli altri è quella di associazione a delinquere finalizzata alla truffa nei confronti di soggetti vulnerabili, identificati in circa trenta pazienti, affetti da gravi malattie tra cui Sla, Sma e leucemia, indotti in errore circa gli asseriti effetti terapeutici di una millantata «terapia innovativa». Una terapia presentata come fondata sul trattamento di cellule staminali ed esosomi, ricavata attraverso il trattamento di tessuto adiposo ottenuto con interventi di liposuzione, anche nei confronti di donatori, effettuati presso uno studio medico di Brescia.

Andolina testimonial del Metodo Stamina

«Un’enorme truffa scientifica». La scorsa settimana il gup torinese Giorgio Potito non ha usato mezze parole per definire il metodo Stamina, che ha diviso l’opinione pubblica negli anni scorsi fino a quando l’inchiesta giudiziaria del pm Raffaele Guariniello ha portato prima a processo e poi al patteggiamento (un anno e dieci mesi con la condizionale) il padre della metodica al centro delle polemiche Davide Vannoni. Nelle 175 pagine di motivazioni delle condanne a sei mesi di Carlo Tomino, ex funzionario dell’Aifa, e a due anni di Marcello La Rosa, ex socio di Vannoni, unici due imputati a scegliere il processo con rito abbreviato, il giudice prende una posizione netta sull’efficacia delle infusioni di cellule staminali. Sostiene infatti che «si deve ritenere che sia stata raggiunta la prova non solo dell’inutilità e della mancanza di fondamento scientifico, ma anche della potenziale nocività e pericolosità dello stesso». Allo stesso tempo abbraccia a piene mani la linea della procura sull’attivita’ della Stamina Foundation che, scrive, «si è sempre svolta al di fuori dalla normativa vigente» e «presentando aspetti di segretezza incompatibili con le più elementari regole deontologiche che dovrebbero disciplinare l’attività medica».

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