Forza Italia, il terremoto non è ancora finito: tutte le ipotesi sul tappeto

5 Giu 2015 11:36 - di Bianca Conte

Forza Italia, ferve il dibattito interno: gli azzurri a confronto in un quadro di rinnovamento necessario che passa per defezioni e strappi, frondisti e fedelissimi, tutti alle prese con la ridefinizione dei confini politici e del perimetro strutturale del partito.

Forza Italia, il no di Romano a Fitto

Così, dopo lo strappo di Fitto e fittiani al seguito, gli azzurri ridisegnano ruolo e possibilità operative. Tra questi, in un’intervista rilasciata a la Repubblica, il deputato azzurro  Saverio Romano illustra la sua posizione, partendo da un netto no a Fitto. «Ho sostenuto Raffaele Fitto che con me e altri ha condiviso una battaglia sulle regole dentro FI. Ma non ho mai pensato di appartenere a qualcuno. Posso rappresentare me stesso. C’è uno spazio per un’opposizione che marchi il centro e non abbia pregiudiziali nell’affrontare le riforme». Così il deputato forzista risponde all’intervistatore interrogandosi, al di là delle singole posizioni, fratture e ricomposizioni, sul futuro di Forza Italia. «Restare ancora in FI? Vorrei capire se c’è ancora Forza Italia. Secondo me, non c’è più», commenta laconico Romano prima di aggiungere: «Sono interessato – sottolinea il deputato – all’evoluzione del quadro politico. Mi confronto con quello che accade. Oggi il centrodestra è guidato dalla destra lepenista di Salvini». E allora, prosegue l’esponente di FI: «Se voterò con il governo, ad esempio la riforma costituzionale o quella sulla scuola? Siamo lontani da tutto questo. Ci sarà un dibattito dentro il Pd, no? E il governo farà le sue proposte. Il premier ritiene di dover proseguire in una logica minoritaria o vuole discutere con le opposizioni per approvare delle riforme condivise? Quella costituzionale, in primo luogo. Non ci sarebbe niente di strano nel dialogare con le opposizioni», chiosa quindi l’esponente azzurro che poi, al giornalista che gli domanda se farà parte del gruppo di responsabili, replica: «Io già da tempo ho dimostrato che si può essere opposizione e non salire sui tetti, in ogni caso vedremo se nascerà qualcosa fuori dagli attuali schemi e in quel caso non resterò solo».

Tajani: Berlusconi “federatore”

«Con la Lega di Matteo Salvini «bisognerà discutere, non la pensiamo come lui, e infatti bisognerà fare una sintesi». A dirlo è il vice presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani, che intervistato dal Mattino riflette a sua volta sul solco tra FI, nel Ppe, e Lega, con Le Pen: in passato «abbiamo trovato un accordo». Quindi prosegue: «Con il Carroccio ora bisognerà intendersi: la politica europea va corretta, ma uscire dall’Ue sarebbe una follia», dichiara Tajani che poi, restringendo il campo della riflessione politica ai nostri confini nazionali, e limitatamente a considerazioni sul centrodestra, aggiunge: «Berlusconi ha aperto una fase costituente durante la campagna elettorale e gli elettori l’hanno capito. La vittoria di Toti è un grande segnale di rinnovamento. E un segnale analogo è arrivato dall’Umbria», esamina Tajani che poi, analizzando ancora il quadro emerso dalle ultime consultazioni regionali, spiega anche come il l’esito delle urne aperte la scorsa domenica 31 maggio, sia «un punto di ripartenza. Adesso dobbiamo metterci e lavorare, per quanto mi riguarda a luglio andrò negli Stati Uniti per studiare il partito Repubblicano». Infine, l’ex vice presidente della Commissione Ue torna sulla questione “leadership nel centrodestra”: «i voti alla fine li prende Berlusconi, senza di lui non può esserci il centrodestra. La fase costituente ha bisogno del padre della coalizione, è necessario un federatore, cioè Berlusconi. Poi si faranno anche primarie vere, ma adesso è prematuro parlarne». Se per ripartire occorre rimettere insieme i cocci dell’alleanza, Fitto, Alfano? «In politica bisogna restare nella casa madre, la lealtà nei confronti degli elettori e dei valori in cui si crede è essenziale». E al giornalista che gli chiede se il centrodestra vada quindi ricostruito da zero Tajani conclude: «Dobbiamo chiamare a raccolta gli elettori, le associazioni, i moderati, non possiamo fare la somma algebrica dei partiti».

 

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