Delusione Battiato, da “Povera Patria” al pugno chiuso da Santoro

19 Giu 2015 12:55 - di Silvano Moffa

Forse per dare un senso, se il senso ce l’ha, a quel pugno chiuso ostentato da Franco Battiato in quel di Firenze nella passerella tele-rossa apparecchiata per salutare Michele Santoro, in chiusura del ciclo di Servizio Pubblico, bisogna rileggere l’intervista che il cantautore siciliano rilasciò per i suoi settanta anni, qualche mese fa. La pubblicò Il Fatto Quotidiano. Certo, non basta una intervista per esprimere giudizi sull’artista e sull’uomo, su una carriera costellata di grandi successi punteggiati da note suggestive, sperimentazioni, contaminazioni musicali tanto ardite quanto attraenti, coinvolgenti, fonti di emozioni profonde. Un’incantevole fiaba musicale che tocca i cuori e scuote le menti.

Battiato, l’arte e la contaminazione musicale

Avrete capito, cari lettori, che l’artista Battiato ha rappresentato anche per noi un riferimento musicale essenziale, fuori dalle banalità delle canzonette orecchiabili e ballabili, di un genere che prescinde dai contenuti musicali e dai valori poetici espressi. Un cantautore, insomma, fuori dal comune, eccentrico, e pure così ancorato alle tradizioni popolari, capace di fa emergere identità sconosciute, campi nascosti, antichi sapori. L’unico in grado di parlare di astrale Karmico e di cerchi della vita, di avvolgersi nella sciarpa del misticismo, inseguendo ritmi lontani, ancestrali sensazioni. “Sono partito dallo sperimentalismo – racconta nell’intervista – Ho scritto canzoni popolari, girato film, dipinto quadri senza mai accontentarmi della culla protetta o delle sicurezze. Come per magia quelli che mi apprezzavano in una veste, mi hanno dato retta anche quando mutavo essenza senza pretendere che somigli a un juxe-box e che a ogni monetina inserita, corrispondesse un loro desiderio. Mi hanno lasciato essere come volevo e se posso dirlo spudoratamente, io sono cambiato e ho fatto tutto il mio percorso solo per loro. Me ne frego delle sicurezze e me ne frego di offrirle”.

Il giudizio di Dalla sul rapporto di Battiato con il pubblico

E ancora: “Sapete cosa mi diceva il mio grande amico Lucio Dalla? Io inseguo il pubblico, Franco. Tu ti fai inseguire”. Musicalmente parlando forse aveva ragione Dalla a descrivere Battiato in questi termini. Ma il Battiato che cerca nel pugno chiuso ostentato con ridicola fierezza e improprio compiacimento non è più il Battiato che cerca “Sui giardini della preesistenza” una ragione valida per superare la nostalgia, nè il cantautore dei paradisi perduti, degli angeli nascosti. E se, come dice, a settanta anni, va ancora alla ricerca del miracolo della bellezza, ha scelto il gesto meno adatto per chiudere, in bellezza, la sua carriera. Che non sia arrivato anche per lui il tempo de La Cura Una canzone struggente, un testo eccellente…. Ti proteggerò dalle ipocondrie..Ti porterò soprattutto il silenzio…

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