Dai barconi a “barboni”: la vergogna dei 500 profughi alla Stazione Tiburtina

11 Giu 2015 16:31 - di Guido Liberati

Dormono sui cartoni, per terra. Sdraiati su quell’asfalto che diventa incandescente di giorno. Non hanno acqua né cibo, non hanno bagni. Ce n’è solo uno, a pagamento. L’ombra poi è poca, perché pochi sono gli alberi. E allora si sta stretti, tutti vicini, in 500 che di sera diventano 300, ad aspettare che le cose cambino. Sono gli immigrati accampati nei pressi della Stazione Tiburtina, a Roma: alcuni immigrati provengono dai barconi che approdano nel Sud Italia, soprattutto etiopi ed eritrei, scampati alla fame e alle guerre, altri vengono dai centri di accoglienza che hanno poi deciso di abbandonare, altri ancora sono gli sgomberati di alcuni campi abusivi della capitale. Attendono un pullman che li porti via, verso una nuova vita: in Germania, Austria, o comunque nel Nord Europa, fanno capire. Ma molti non hanno i documenti, e le cose per loro si complicano. Oltre al fatto che Berlino ha sospeso temporaneamente il trattato di Schengen fino al 15 giugno per il G7. E allora stanno fermi lì, a Largo Mazzoni, via Pietro l’Eremita e via Cupa, dove c’è un centro di accoglienza. «Queste persone – spiegano dalla Croce Rossa – presentano malattie dermatologiche, hanno ustioni provocate dalla nafta dei barconi o ferite da arma da fuoco non curate. Qui proseguiamo anche le terapie iniziate dopo gli sbarchi. Abbiamo circa 60 pazienti al giorno».

Stazione Tiburtina: ecco le colpe di Marino

«In base all’accesso agli atti, chiesto da Fratelli d’Italia – denuncia Fabio Rampelli – abbiamo scoperto che il sindaco Ignazio Marino, al contrario di ciò che afferma, ha svolto soltanto un per cento di gare pubbliche su 221 milioni di spesa sociale. E mentre le risorse per i servizi ai disabili sono diminuite del 30 per cento, quelle per i servizi agli immigrati sono aumentate del 600 per cento. Il ministro Angelino Alfano ha autorizzato la deroga per l’arrivo di 3000 immigrati a Roma, rispetto ai 250 stabiliti dal suo stesso dicastero. E quella deroga andava in perfetta coincidenza con le richieste fatte dal principale imputato di Mafia Capitale: Luca Odevaine. Grazie a lui, e al ministro Alfano, le periferie di Roma sono state letteralmente invase da immigrati aumentando le tensioni sociali in aree già fortemente a rischio, come Tor Sapienza. Questa curiosa coincidenza – conclude il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia – dimostra una responsabilità politica oggettiva del ministro Alfano e del sindaco Marino. L’unica strada d’uscita al commissariamento della Capitale d’Italia per mafia sono le dimissioni immediate».

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