Con la crisi giù il numero di ospedali e posti letto. Sempre meno i pediatri

12 Giu 2015 18:55 - di Redazione

Già in tempi non sospetti, e in anni in cui la crisi ancora non c’era, il ‘dimagrimento’ del Sistema sanitario nazionale era già in atto. A confermare il trend negativo nel numero di ospedali e posti letto, ma anche di pediatri disponibili, è l’annuario statistico del ministero della Salute, pubblicato sui dati fino al 2012. Secondo il documento tra il 2008 e il 2012 il numero di ospedali pubblici è sceso da 645 a 578, mentre i posti letto per regime ordinario sono diminuiti nello stesso periodo da circa 178mila a 165mila, un trend che è lecito aspettarsi anche per le prossime edizioni dell’annuario.

Meno ospedali, diminuiti anche i posti in day hospital

Diminuiti anche i posti in day hospital, da più di 21mila a meno di 16mila. “Incrementi – sottolinea il ministero – sono evidenziati invece dai trend dell’assistenza territoriale semiresidenziale (-0,3% per il pubblico, +6% per il privato accreditato) dell’assistenza territoriale residenziale (+1,0% per il pubblico, +5,7% per il privato accreditato) e dell’assistenza riabilitativa (+2,1% per il pubblico, +2,0% per il privato accreditato)”. Sul fronte dei medici di famiglia il rapporto registra che in media a livello nazionale ogni medico di base assiste 1.156 adulti residenti, contro un massimo teorico previsto dal contratto di 1500. Va molto peggio ai pediatri, che in media assistono 879 bambini, mentre il contratto ne prevede 800, con il numero di scelte a Bolzano e in Veneto che supera i 1000. Il problema per i pediatri è destinato ad aggravarsi nei prossimi anni, con le proiezioni che affermano che agli attuali tassi di turnover si passerà dai circa 14mila pediatri attuali fra quelli di famiglia e gli altri, a meno di 9mila nel 2025. “Noi pediatri ne siamo consapevoli, e abbiamo lanciato l’allarme già da anni – afferma Giuseppe Mele, segretario della Società Italiana Medici Pediatri (Simpe) – per cercare di far fronte alla situazione bisognerebbe aumentare gli ingressi, con più posti nelle scuole di specializzazione e anche nei corsi di medicina, e allo stesso tempo favorire l’aggregazione dei pediatri, l’idea del pediatra singolo non è più perseguibile”.

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