Voltaire al Viminale: «Non condivido Salvini, ma gli garantirò i suoi diritti»

16 Mag 2015 17:38 - di Giacomo Fabi

Caspita che prosa simil-volterriana promana da Angelino Alfano. Sentitela. «Nonostante il mio noto dissenso dalle sue parole (di Salvini, ndr), mi impegnerò sempre al massimo per il suo diritto a dire ciò che ritiene di dire». Detta così, l’agibilità a comiziare del leader leghista appare quasi una graziosa concessione da parte del leader del Ncd. Ma poiché si dà il caso che il leader del Ncd sia contemporaneamente anche il ministro dell’Interno, cioè il responsabile politico della sicurezza e dell’incolumità di tutti i cittadini, compreso il cittadino Salvini, la questione assume ben altra dimensione e rilevanza. Ne consegue che il diritto di quest’ultimo a girare l’Italia per far conoscere il proprio programma coincida perfettamente con il dovere del primo di garantirglielo. Senza se e senza ma, come si si dice oggi. Soprattutto senza scomodare Voltaire.

Alfano scomoda Voltaire: ma garantire l’agibilità politica è suo dovere

Comunque sia, al di là di ogni buona intenzione, le parole di Alfano confermano quanto sia difficile cumulare nella stessa persona il ruolo di leader di un partito politico, seppur piccolo come il Ncd, e la poltrona di titolare del Viminale. Non è certo per caso se nella Prima Repubblica, quella del “manuale Cencelli” dove ogni ministero aveva un peso specifico nella lottizzazione del potere, la titolarità del ministero dell’Interno non sia mai stata appannaggio di personalità di primissimo piano. E così è stato anche dopo. Almeno, fino ad Alfano. Ironia della sorte, esattamente lo stesso che da neo-coordinatore del PdL aveva coniato la dottrina di «un sedere per una sedia».

Inopportuno cumulare leadership di partito e titolarità degli Interni

Oggi invece ne occupa due, pur non essendo riuscito a raddoppiarsi il sedere. Da qui una certa confusione nell’eloquio, come appunto dimostra il caso Salvini. Che bisogno c’era, infatti, di premettere il suo «noto dissenso» dal capo del Carroccio prima di ribadire il «massimo impegno» a garantirgli la piena agibilità politica? È evidente che c’è un ingorgo politico ed un gorgo polemico da cui il leader-ministro dell’Interno è fatalmente risucchiato. Da responsabile della sicurezza ha il dovere di garantire a Salvini il diritto di parlare. Da leader politico sente però il bisogno di far sapere che non ne condivide nulla, neppure una parola. Altro che Voltaire, qui occorrerebbe il rigore repubblicano di un Francesco Cossiga.

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