Reggio, indiano picchia moglie e figlia: «non rispettano l’uomo di casa»

13 Mag 2015 13:46 - di Paolo Lami

La leggenda attribuisce la frase a Confucio. «Quando torni a casa la sera, picchia tua moglie. Tu non sai perché , ma lei lo sa benissimo». Un indiano ha preso il consiglio alla lettera e ci ha aggiunto, di suo, anche la figlia.
Inferocito perché le due donne, a suo giudizio, «non rispettavano l’uomo di casa», cioè lui, l’indiano, 55 anni, residente a Baiso, un piccolo Comune di poco più di 3.000 abitanti con un’amministrazione di Centrosinistra in Provincia di Reggio Emilia, ha deciso di picchiare, appunto, sia la moglie che la figlia. E quando sono arrivati i carabinieri ha anche spiegato candidamente perché giustificando, così, le botte: «non rispettano l’uomo di casa».
Una motivazione che, molto probabilmente, avrebbe convinto serenamente la polizia indiana a lasciar correre ma che, invece, non ha intenerito i militari dell’Arma. Risultato: arresto e denuncia conseguente con l’accusa di maltrattamenti in famiglia per l’uomo.
È stata la figlia ventenne, dopo l’ennesima violenza perché cercava di difendere la madre dall’ennesimo scatto d’ira del padre, a chiamare il 112.
L’indiano ha un’altra figlia che, con il pretesto di imparare la lingua, non vive più in famiglia e se n’è andata in Inghilterra.

Numerosi casi di indiani “integrati” che picchiano le mogli

Non è certo la prima volta che un immigrato residente in Italia picchia moglie e figli ritenendoli troppo occidentalizzati e non in linea con le usanze e i costumi del propri Paese.
Nel 2013 a Cagliari, sempre un indiano, aveva duramente malmenato la propria moglie perché si era “permessa” di partorire una figlia femmina. E agli agenti che lo avevano arrestato aveva spiegato di avere il diritto di picchiarla perché quella donna era sua, l’aveva comprata. Una spiegazione che non aveva convinto i magistrati che lo avevano condannato a tre anni e sei mesi concedendogli gli arresti domiciliari. Di fronte al tentativo degli agenti di portarla in ospedale per farsi medicare, la moglie si era rifiutata spiegando di non avere il permesso dal marito.
Nel 2012, ad Arco di Trento, un caso simile: sempre un indiano residente in Italia da sette anni e apparentemente integrato aveva massacrato la moglie di botte mandandola in ospedale con venticinque giorni di prognosi dopo aver scoperto che era incinta della terza figlia femmina. Le indagini hanno poi accertato che l’indiano, che aveva altre due bimbe di 3 e 5 anni, era talmente ossessionato dall’avere un figlio maschio che vestita regolarmente la figga più piccola da bambino.
Nell’ottobre del 2014 a Cedegolo, nel Bresciano, un altro indiano di 49 anni aveva massacrato a bastonate la moglie salvata in extremis dalla figlia che ha chiamato i carabinieri. Sempre nel 2014 ma ad aprile, a Cisterna di Latina, un altro indiano di 39 anni ha picchiato e abusato della compagna massacrando di botte la figlia della donna.
E nel 2011 altra violenza legata alla tradizione indiana del figlio maschio: scoperto che la moglie era di nuovo incinta di una figlia femmina, nel Senese un indiano l’ha picchiata selvaggiamente tentando di farla abortire.

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